Sudafrica: lo sciopero dei minatori arriva alla sua 11a settimana
di Alberto Bellotto (@albertobellotto)
È il più grande sciopero degli ultimi vent’anni. La vertenza, che sta bloccando l’estrazione del platino in Sudafrica, prosegue senza sosta da oltre 11 settimane. A promuovere lo sciopero, la sigla sindacale AMCU (associazione dei lavoratori delle miniere e dell’edilizia) che pone al centro della rivendicazione un aumento salariale del 100%.
11 settimane fa
La contrapposizione tra la giovane sigla AMCU e le compagnie minerarie Anglo American Platinum, Impala e Lonmin, è iniziata lo scorso 23 gennaio. Le aree calde che hanno interessato fin da subito lo scontro sono quelle della “Platinum Belt”, la cintura mineraria di circa 120 km intorno a Johannesburg. Nello specifico la zona più colpita è stata quella di Rustenburg a nord-est di Johannesburg vicino al confine col Botswana, nei pressi della località di Marikana, dove circa due anni fa 34 minatori persero la vita a causa degli scontri con la polizia.
La richiesta dei sindacalisti AMCU è stata fin da subito molto netta: aumento del salario dei minatori del 100%, pari a 12.500 rand (850 euro) al mese. I rappresentanti delle aziende, invece, hanno proposto un incremento del 9% (a fronte di un’inflazione del 5,9%) e una serie di benefici quali ferie pagate e contributi pensionistici. Queste aperture non sono però state sufficienti a convincere i minatori. Il numero dei lavoratori mobilitati dai sindacati è stato di circa 100mila unità che in modo poco organizzato hanno effettuato blocchi stradali nell’area, senza però sfociare in incidenti delle proporzioni del 2012. Nelle settimane successive la commissione governativa per la conciliazione, mediazione e arbitrato (CCMA) ha tentato senza successo di mediare tra le due parti. Dal canto loro i membri dell’AMCU hanno continuato ad insistere sull’aumento, mentre le tre multinazionali hanno ripetuto in più occasioni che il tenore delle richieste è irrealistico e insostenibile. Il blocco totale dell’estrazione ha colpito il 40% della produzione globale di platino e inevitabilmente ha avuto delle ricadute immediate su tutta l’economia, locale e nazionale.
Verso la fine di marzo è sembrato che l’AMCU fosse disposta a ridurre le pretese fino ad un aumento del 30% (8.000 rand) ma nonostante questo, Anglo American Platinum, Impala e Lonmin hanno continuato a mantenere la linea del 9%.
Il leader dell’AMCU, Joseph Mathunjwa, il primo giorno di sciopero
Oggi
Dopo 11 settimane però qualcosa sembra essersi incrinato all’interno dello schieramento dei lavoratori. L’unione nazionale dei minatori (NUM), che si è sempre defilata dalla battaglia dell’AMCU, recentemente ha dichiarato di aver avuto un aumento di richieste di iscrizione di operai provenienti dalla sigla sindacale rivale. Dopo gli scontri nell’agosto del 2012, la NUM aveva perso molti iscritti che erano confluiti nell’AMCU, con la perdita della maggioranza nelle rappresentanze sindacali nelle aziende. Recentemente, però, il suo segretario nazionale, Frans Baleni ha dichiarato a Reuters Africa che «ogni settimana il numero dei membri che stanno tornando al sindacato aumenta, con un “riacquisto” di circa 10.000 lavoratori».
Oltre ai numeri, Baleni è tornato a criticare le modalità adottate dall’AMCU durante la protesta, accusandola di utilizzare intimidazioni e violenza: «Se non fosse per la violenza lo sciopero sarebbe già crollato, le persone non lavorano perché hanno paura». Dal canto suo AMCU ha sempre negato l’uso della violenza e dell’intimidazione. Il travaso di lavoratori da una sigla all’altra, invocato da Baleni, indica però che i minatori sono duramente provati dallo sciopero. Negli ultimi 3 mesi il potere di acquisto degli operai si è ridotto e in un modello di vita famigliare fondato sul lavoro del capo famiglia la mancanza del salario inizia a causare non poche difficoltà.
Allo stesso tempo però, lo sciopero potrebbe avere effetti deleteri per tutti i minatori. Bradley George, membro della società finanziaria Investec Asset Management, ha raccontato al Sole 24 ore, che il blocco totale dell’estrazione potrebbe avvantaggiare le multinazionali: «Questo sciopero sta dando una mano quanto meno ad Amplats, perché ne facilita i piani di ristrutturazione. La società aveva annunciato 14mila esuberi, ma il Governo frena perché il Sudafrica ha già un tasso di disoccupazione del 25%». Dal canto suo il prezzo del platino non ha subito aumenti e, nonostante perdite stimate intorno al miliardo di dollari, le imprese hanno ancora una scorta importante di platino, considerando anche che non tutte le aree minerarie del paese sono bloccate.
Manifestazione dell’AMCU il 27 marzo scorso a Johannesburg
La posizione del governo e le elezioni di maggio
In tutto questo l’azione del governo è stata molto tiepida. Insieme ai tentativi di mediazione del CCMA, anche la ministra delle risorse minerarie, Suzan Shabangu, si è espressa in favore di una rapida conclusione della vertenza: «La situazione è estremamente disperata, vorremmo vedere le parti adoperarsi per risolvere la questione. Questo sciopero non ferisce solo i lavoratori ma l’intero paese» non specificando però i tempi e i modi dell’azione governativa, probabilmente concentrata sulla prossima tornata elettorale. Tra circa un mese, infatti, si terranno nel paese le elezioni, le prime dopo la scomparsa di Nelson Mandela, per il rinnovo della camera bassa del paese. Il partito di governo, l’African National Congress, nonostante sia il favorito, rischia un drastico ridimensionamento. Sul partito del presidente Zuma pesano infatti numerose accuse di corruzione.
Nonostante le imminenti elezioni lo sciopero prosegue, ma secondo molti analisti è destinato a finire molto presto. Stando ad un sondaggio svolto fra i dipendenti della Lonmin, una delle tre multinazionali bloccate dai minatori, oltre il 67% degli operai sarebbe disposto a tornare al lavoro.