Vittorio Arrigoni moriva quattro anni fa, non dimentichiamo di ‘Restare umani’
di Valeria Vellucci
Quattro anni fa, 14 aprile 2011, a Gaza City veniva rapito l’attivista italiano per i diritti umani Vittorio Arrigoni. L’atto è rivendicato da un gruppo terroristico appartenente all’area jihadista salafita. Trattative vengono immediatamente avviate, l’ultimatum prevede la richiesta di liberazione di alcuni militanti jihadisti. Il giorno seguente il tragico epilogo: il corpo ormai senza vita di Vittorio viene rinvenuto, dalle brigate Ezzedin al-Qassem, durante un blitz in un’abitazione di Gaza. Le motivazioni, incerte. Una cellula salafita ′impazzita′. Sdegno e condanna per questo ingiustificato ed efferato omicidio, giungono da ogni parte del mondo. Il processo, iniziato nel settembre 2011 e terminato il 17 settembre dell’anno successivo, vedrà la condanna di quattro persone: Abu Ghoul e Khader Jram all’ergastolo, mentre dieci anni di reclusione per Mohammed Salfi e Hasanah Tarek.
Vittorio Arrigoni, nato trentotto anni fa in Brianza, attivista per i diritti umani, reporter, scrittore. Una vita la sua, interamente dedicata agli altri portando il suo contributo ovunque ve ne fosse il bisogno: Europa dell’Est, Africa, Perù, Palestina. La prima volta di ″Vik″, in quella che ormai definiva come ′la sua terra′, è stata nel 2002. In quell’anno Vittorio è a Gerusalemme Est con la ong IPYL, per poi spostarsi, nel 2003, a Nablus, divenendo membro dell’ISM, ′International Solidariety Movement′. Il suo interesse per la causa palestinese diverrà ora sempre più forte e radicato, soprattutto a Gaza, che lui stesso definiva come una vera e propria ′prigione a cielo aperto′.
Sarà uno dei pochi a poter raccontare quelli che furono i drammatici giorni dell’operazione ′Piombo Fuso′. È nel dicembre 2008 che Israele decide di colpire e destabilizzare l’amministrazione di Hamas presente nella Striscia. L’operazione avrà inizio nel dicembre dello stesso anno e si protrarrà, incessantemente per venti lunghi giorni, concludendosi il 17 gennaio 2009. Gaza è completamente sotto assedio. Migliaia saranno le vittime tra morti e feriti, obiettivi civili colpiti ed ospedali dati alle fiamme. Sarà attraverso le parole di Vittorio che il mondo verrà a conoscenza delle atrocità commesse. Sarà Vittorio la voce di Gaza.
È con queste parole che ″Vik″, in un’intervista del 19 febbraio 2011, ricorda gli avvenimenti di quella che è stata certo una tra le più devastanti operazioni messe in atto da Israele: «Eravamo gli unici attivisti presenti a Gaza in quei giorni. Si dice che la verità è la prima vittima di una guerra. Se pensiamo che Israele ha impedito a tutti i giornalisti internazionali di entrare nella striscia di Gaza, per ′Piombo Fuso è stato proprio cosi. L’obiettivo delle operazioni militari israeliane erano le ipotetiche basi di Hamas. In realtà, hanno bombardato scuole, ospedali, case, mercati e persino la sede delle Nazioni Unite. Non hanno avuto neanche scrupolo di colpire le ambulanze, violando tutte le convenzioni internazionali. Io e quelli dell’ISM. avevamo chiesto cosa potevamo fare ai nostri coordinatori. Ci avevano detto di scendere dalle ambulanze dove eravamo saliti per aiutare i feriti, perché non volevano altre Rachel Corrie. Ma ci fu risposto “con voi sulle ambulanze continuano a sparare. Ma sparano un po’ meno…” E cosi decidemmo tutti di restare sulle ambulanze. Ho perso un amico che lavorava all’ospedale di Jabalia. È morto al centro di Gaza, mentre cercava di soccorrere un ferito. Mentre lo soccorreva, un carro armato israeliano ha fatto fuoco con l’ambulanza, uccidendolo. Sono immagini che resteranno sempre impresse in modo indelebile nella mia memoria. Le ferite peggiori sono quelle interne, che non si chiuderanno più. Il ricordo più brutto è stato quando ho visto tanti bambini dilaniati dalle bombe. In ogni caso, dopo tutta questa carneficina, l’opinione pubblica mondiale ha capito chi è la vittima e chi è il carnefice. Israele continua ad espandersi, la Palestina continua a morire”.
La denuncia delle gravi violazioni dei diritti umani compiute da Israele ai danni dei pescatori, l’impossibilità dei contadini di coltivare liberamente le proprie terre, i cecchini che sparano sulle ambulanze, bambini e donne barbaramente uccisi. Questo era ciò che Vittorio raccontava, questo era il suo impegno tra il popolo palestinese. Scudo umano, portavoce di un popolo represso ed abbandonato al proprio destino, quello stesso popolo imprigionato e ridotto al silenzio.
In una delle ultime interviste, l’immagine di Vittorio in un cimitero di Gaza. Guardando le lapidi delle vittime di guerra, palestinesi come anche ebrei, è così che ″Vik″, con grande rispetto per la vita e per l’umanità intera, si esprime: «Io che non credo alla guerra non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera, semmai voglio essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire, fra cent’anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: ′Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare′. Vittorio Arrigoni un vincitore».
Restiamo Umani.