Pubblicato il: Dom, Lug 22nd, 2012

Cambia la mappa politica italiana: gli effetti di quel che sarà il taglio delle province

di Andrea Gentili

Le province salvate nella mappa di Repubblica

La spending review di Monti modificherà la geografia italiana: si tratta formalmente di un “riordino” giacché il Presidente del Consiglio non si azzarda più a parlare di una “soppressione e accorpamento delle province”, termini usati nella presentazione della sua manovra salva Italia qualche mese fa e che aveva destato l’allarme dell’Unione delle province. In realtà però cambia ben poco con il Governo che ha abbassato la soglia dei precedenti 3mila chilometri quadrati agli attuali 2500. Resta invece uguale il numero degli abitanti minimi previsti per provincia, ossia 350mila. Solo 43 rispondono ai requisiti, tra cui i vari capoluoghi di regione e 10 province che diventeranno dal 2014 città metropolitane.

In Lombardia rimarranno solo Pavia, Bergamo, Brescia e Milano che diventerà metropoli; nel Lazio vengono salvate solo Frosinone e Roma; in Campania Salerno, Avellino, Caserta e Napoli; in Puglia Foggia, Lecce e Bari; in Piemonte Alessandria, Cuneo e Torino. Caso molto particolare quello della Toscana dove resterà solo Firenze, peraltro come città metropolitana, e tutte le altre province verranno accorpate. Siena e Arezzo, Pisa e Livorno, eterne rivali dovranno convivere sotto la stessa amministrazione: «Un conto sono i Comuni, ma le Province sono luoghi dove i cittadini si riconoscono di meno» ha affermato Mario Cardinali, direttore del settimanale satirico livornese Il Vernacoliere, proprio lui che con grossi titoloni aveva più volte preso in giro nelle pagine del suo giornale i pisani. Pisani che al grido di “con Firenze mai!” dichiarerebbero addirittura di preferire Livorno. E pure i senesi sono dello stesso avviso, perché la rivalità con il capoluogo toscano è molto sentita.

Le regioni a statuto speciale rivendicano poi la loro autonomia: mentre Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta non rientrano nel piano, in Sicilia su 9 province iniziali rimarrebbero in piedi solo Palermo, Agrigento, Catania e Messina; in Friuli-Venezia Giulia su 4 si salverebbero solo Udine e Trieste. La Sardegna invece perderebbe tutte le sue province ad eccezione di Cagliari, ma il costituzionalista Benedetto Ballero afferma che nessuna cancellazione delle province può essere imposta dall’alto per le regioni a statuto speciale senza prima provvedere a una riforma costituzionale da parte del Parlamento. Difatti la legge costituzionale dell’isola ne prevede 3: Cagliari, Sassari e Nuoro che dunque resteranno invariate. Le 4 nuove province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio saranno costrette all’accorpamento, non essendo previste nel testo costituzionale.

Le nuove province istituite dall’accorpamento delle precedenti che non soddisfano i requisiti avranno nomi storici: in Abruzzo la province di Teramo, Pescara e Chieti formeranno la Provincia Adriatica, in Puglia Bat (Barletta-Andria-Trani) e Foggia si uniranno nella Capitanata, in Lombardia nascerà la Grande Brianza. In Emilia-Romagna ci sarà la Provincia della Romagna e la Provincia del Gusto, nel Lazio nascerà la Pontino-Ciociara, in Piemonte la Provincia delle Langhe.

Intanto su internet rimbalzano le proteste, i commenti e le lamentele verso questo aspetto della manovra sulla spending review di Monti: da chi si chiede l’utilità di salvare metà province mentre sarebbe stato più utile abolirle del tutto (e c’è anche chi vorrebbe vedere un’Italia libera dalle regioni e dai loro costi), a chi invece vuole mantenere la propria identità e proprio non ce la fa a convivere sotto lo stesso tetto con il nemico che fino ad oggi era solamente vicino di casa. Ora il problema resta solo vedere quanto si risparmierà con questa mezza abolizione.