La traviata – Le camelie di Violetta
di Martino Pinali
Background storico
1852. A Parigi, dove vi era fuggito con la Strepponi per fuggire alle dicerie malevole del paese natale, e dove riceveva il libretto del Trovatore che un sempre più ammalato Cammarano andava componendo, Verdi assistette a una rappresentazione teatrale di un noto romanzo dell’epoca: La Dame aux camélias di Alexandre Dumas (non il padre, autore de Il conte di Montecristo e del ciclo dei Moschettieri, ma suo figlio). Nel romanzo, (smaccatamente autobiografico) Dumas junior descriveva il suo giovanile amore per Alphonsine (Du)Plessis, nota cortigiana della Parigi degli anni ’40, sotto forma di pseudonimi: Alphonsine si tramuta in Marguerite Gautier, Alexandre diviene Armand Duval.
Se il soggetto, nella sua cornice francese, a Verdi piacque così tanto da volerlo mettere in scena alla Fenice (ove l’attendeva un altro contratto), in Italia non sarebbe mai potuto piacere, vista la scabrosità della vicenda e la sua tremenda attualità: il compositore voleva ambientare la nuova opera (dal titolo provvisorio di Amore e morte) nel secolo in cui stava vivendo. Ma, come in Rigoletto la Censura si era scandalizzata per la presenza in scena di un sicario e di una prostituta, così avrebbe implacabilmente colpito e reciso le camelie che sfoggiava la fanciulla “traviata” (da qui il titolo dell’opera). Il primo colpo inferto fu sull’ambientazione: la vicenda venne anticipata di un secolo, in quel XVIII secolo, pieno di crinoline e parrucche che Verdi trovò imbarazzanti e insopportabili. Gli altri spietati colpi attesero l’infelice Traviata alle sue repliche nello Stato Pontificio.
Mentre Verdi e Piave si dannavano per accontentare le richieste della Censura, si trovarono a dover faticare anche per la scelta dei cantanti: il compositore richiese espressamente “una donna di prima forza” (un soprano, quindi), scartando la favorita Marietta Alboni, brillante contralto. La Cruvelli, apprezzatissima da Verdi, cantava sempre all’estero, e la scelta ricadde su Fanny Salvini Donatelli, virtuosa, ma il suo physique du role poco si confaceva a Violetta Valery. Insoddisfacenti anche il tenore, Ludovico Graziani, e il baritono, Varesi: quest’ultimo, già primo Macbeth e Rigoletto, non trovò congeniale il ruolo di Germont, trovandola di scarso spessore rispetto ai ruoli che aveva precedentemente interpretato per Verdi.
Presago di un esito assai poco felice, Verdi non si stupì quando La traviata ebbe un insuccesso pieno, il 6 marzo 1853. Solo le repliche (l’anno successivo, Verdi cambiò soprano e baritono, e il Teatro San Benedetto vide un successo pari a quelli di Ernani e Rigoletto), e la progressiva scomparsa della Censura (con l’Unità d’Italia) riuscirono a “nobilitare” lo sventurato amore di Violetta e Alfredo. L’ultimo sfregio della Censura avvenne nelle rappresentazioni romane del 1854, che modificarono pesantemente il libretto del povero Piave: ribattezzata l’opera Violetta, la protagonista non era più una cortigiana; Alfredo non aveva più una sorella in procinto di sposarsi, ma una promessa sposa (di cui si era tranquillamente dimenticato, una volta incontrata Violetta): Germont giunge così ad allontanare Violetta dal fedifrago che deve rispettare il suo precedente matrimonio; i riferimenti a Dio e al contesto religioso, infine, vennero pesantemente omesso. La furia di Verdi, per la sua opera così maltratta e tradita, si evince da un’infuocata lettera all’amico Luccardi:
La censura ha guastato il senso del dramma. Ha fatto la Traviata pura e innocente. Tante grazie! Così ha guastato tutte le posizioni, tutti i caratteri. Una puttana deve essere sempre puttana. Se nella notte splendesse il sole, non vi sarebbe più notte!
L’opera
Ambientazione dell’opera è Parigi, nel XVII secolo (la Censura volle anticipare la vicenda di un secolo, che Verdi voleva ambientata nel “suo” ‘800).
Violetta Valery (soprano), giovanissima cortigiana del mondo francese, trascorre la sua vita tra gli effimeri festini a casa degli amici e la costante minaccia di una morte prematura: ella infatti è malata di tisi, e si mantiene vita e cure a spese dei suoi amanti. Ad una festa, le viene presentato il giovane Alfredo Germont (tenore), il quale, in un momento di intimità, le confessa di essersi innamorato follemente di lei. Adusa a sentire tali chiacchiere da ogni persona che conosca, Violetta sulle prime non cede ai sentimenti di Alfredo, ma si accorge ben presto che le parole del giovane l’hanno profondamente scossa.
Tre mesi dopo il loro incontro, i due vivono insieme in un villino distante da Parigi, dove Violetta, lontana dalla caotica città, inizia a mostrare segni di miglioramento. Ma un giorno, durante l’assenza di Alfredo, le fa visita il di lui padre, Giorgio Germont (baritono). Il vecchio borghese, padre non solo di Alfredo, ma di una fanciulla in età da marito, riferisce a Violetta che, per lo scandalo della loro relazione extraconiugale, il promesso sposo della sorella di Alfredo ha rifiutato le nozze: Germont impone quindi alla ragazza di lasciare Alfredo e di tacergli il motivo del suo allontanamento. Violetta, dapprima, non vuole saperne, ma poi, stremata, cede alla richieste di Germont, ed abbandona il villino, tornando nella caotica vita parigina, al seguito del Barone Douphol (baritono), suo vecchio protettore.
Nel vortice delle feste parigine, Violetta vi ritrova Alfredo, all’oscuro del dialogo del padre, e infuriato con lei: dopo una partita a carte con il Barone, vinta con continue e malevole allusioni alla loro relazione conclusa, Alfredo insulta Violetta davanti a tutti, e pagandola, come una prostituta, con i soldi della vincita.
Mesi dopo, Violetta, abbandonata da tutti, giace sul suo letto di morte, aspettando il ritorno di Alfredo (fuggito all’estero dopo un duello col Barone, in cui l’aveva ferito gravemente) e di suo padre (che aveva finalmente raccontato tutta la verità al figlio sull’abbandono di Violetta). I due finalmente arrivano, ma tardi: Violetta, dopo un fallace miglioramento, cade a terra morta, come un fiore reciso dallo stelo.
Musica e maschere
La prima cosa che colpisce lo spettatore dell’opera (o il lettore del libretto) è la grande e confusa massa di amici che affolla la casa di Violetta nell’Atto Primo: l’amica Flora Bervoix accompagnata dal Marchese d’Obigny, Gastone, il Barone Douphol, il Dottor Grenvil (tutti ruoli comprimari: come in altre opere, in Traviata sono solo tre i ruoli che emergono: Violetta, Alfredo e il padre). Una folla di persone opprimente anche nei momenti di assenza: gli echi della vita parigina continuano a richiamare Violetta dal suo “esilio” nel villino fuori città, e tornano, implacabili, poco prima della morte della protagonista (il coretto fuori scena “Largo al quadrupede”, che segue la celebre scena della lettera “Teneste la promessa… Addio del passato”). Eccezion fatta per il Dottore, tutti gli amici che le erano accanto per godere della sua compagnia (e anche, probabilmente, delle sue prestazioni), la abbandonano al momento della morte. La morte di Violetta non ha la “rassicurante” presenza del Coro che avevano le analoghe scene dei melodrammi di Donizetti (si pensi alla follia di Anna Bolena o al martirio di Maria Stuarda): essa muore con pochi intimi, isolata dal mondo. Ma Violetta almeno è fortunata, a spirare tra le braccia dell’amato Alfredo: nella finzione, Marguerite, e nella realtà, Alphonsine, erano morte sole e odiate.
La felicità della coppia protagonista (tenore-soprano, come nella migliore della convenienze teatrali) viene irrimediabilmente rovinata dalla presenza del solito terzo incomodo, il baritono: che non è, però, un altro amoroso rivale del tenore, ma è il padre (non del soprano, come si poteva immaginare) del tenore. Germont rappresenta la perfetta incarnazione della borghesia moralista pronta a condannare ciò che non conosce (nel duetto con Violetta, “Un dì, quando le veneri”) per poi dare spettacolo di magnanimità e di superiorità:
Di sprezzo degno sé stesso rende
chi pur nell’ira la donna offende.
moralizza il vecchio Germont, prestando soccorso alla donna insultata, che, prima ancora, lui stesso aveva rimproverato per la sua scandalosa condotta. Si avverte questa continua critica alla “seduttrice” nell’uso di quel “pur”: la rabbia di Alfredo viene legittimata dal padre, ma non la sua scenata, che non si addice affatto al suo rango.
Tre buoni motivi per cui vale la pena ascoltarla
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perché non è solo l’opera del celebre brindisi, “Libiamo ne’ lieti calici”: altri duetti, e, forse, più interessanti, coinvolgono la coppia protagonista (“Un dì felice, eterea”, la dichiarazione d’amore di Alfredo a Violetta; l’appassionato “Amami, Alfredo!”, arioso in cui la protagonista cerca di far capire all’amato il grande sacrificio che sta per fare; “Invitato a qui seguirmi”, il concitato dialogo che fa scatenare l’orribile insulto di Alfredo; il duetto finale “Parigi, o cara”, che passa dalla gioia del ritrovamento all’ineluttabilità della morte);
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per il Finale Secondo, capolavoro dei concertati verdiani: la gioia e la spensieratezza della festa a casa di Flora si spegne nella tensione di una partita a carte e nell’insulto sprezzante di Alfredo. Gli amici che tanto compiangono Violetta saranno primi ad abbandonarla: è l’ultima “uscita pubblica “della sfortunata traviata;
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per Violetta, ruolo umanissimo (e, purtroppo, tremendamente attuale) cavallo di battaglia di soprani passati e presenti: Maria Callas, Montserrat Caballé, Mariella Devia, Anna Moffo, Anna Netrebko, Katia Ricciarelli, Joan Sutherland.
Dove e quando ascoltarla in Italia
Amatissima dal pubblico, La traviata è (ed è stata) presente nella maggior parte dei cartelloni italiani, in vista delle celebrazioni del bicentenario: prossimo il debutto, a dispetto del carattere “intimista” dell’opera, all’Arena di Verona, “incorniciata” dall’allestimento di Hugo De Ana (da giugno ad agosto). Oltre a Verona, Violetta vedrà i teatri di Venezia (agosto-settembre, dove, alla Fenice, il fortunato allestimento di Robert Carsen è diventato un titolo onnipresente di ogni stagione) Torino (ottobre), Sassari (dicembre), e alla Scala (l’opera inaugurerà la Stagione 2013-2014, il 7 dicembre).