Stiffelio – La parabola ascendente dell’adultera
di Martino Pinali
Background storico
Conclusi i furori patriottici della Battaglia di Legnano, e gli intrighi amorosi di Luisa Miller, il 1849, anno dell’infelice conclusione della Prima Guerra d’Indipendenza italiana, anche per Verdi si tramutò in un anno di delusioni artistiche (forse il compositore risentiva della mancata liberazione italiana?).
Stipulato un contratto con l’impresario Flauto, per il soggetto dell’opera il compositore guardava alle sue maggiori ispirazioni: escluso Schiller, già portato in scena con la Luisa Miller, Hugo e Shakespeare. A destare l’interesse verdiano era Le roi s’amuse (“Il re si diverte) del francese, che fu scartato, ma divenne, nel giro di poco tempo, il soggetto del futuro Rigoletto. Allora Verdi passò al Grande Bardo, aspirando al mettere in musica King Lear, sua tragedia prediletta (anche da Londra arrivavano altre “proposte shakesperiane: l’impresario Lumley gli propose prima The tempest e Hamlet, ma Verdi mai avrebbe mai messo in scena nessuno di questi tre lavori). Ma con l’incalzare della scadenza del contratto, Verdi e il librettista Piave furono costretti a scegliere in fretta un nuovo soggetto, e la scelta ricadde su Le Pasteur, ou L’Évangile et le Foyer, dramma di successo di Émile Souvestre ed Eugène Bourgeois. Con il nome di Stiffelio, l’opera avrebbe debuttato nell’autunno del 1850 al Teatro Grande di Trieste (sede del debutto del Corsaro).
Tuttavia, sul libretto, andò ad abbattersi l’implacabile scure della censura, vista la “scabrosità” del soggetto: la trama dell’opera, infatti, verte su il tradimento di una moglie ai danni del consorte, pastore protestante, il quale la perdona leggendo in chiesa i versi dell’episodio evangelico di Gesù e dell’adultera. Un soggetto scomodissimo, su cui la censura si abbatté con veemenza, nonostante il lusinghiero successo che salutò la sua prima, il 16 novembre (il cast vantava nei tre ruoli principali, Gaetano Fraschini, già presente in Alzira, Corsaro e Battaglia di Legnano, nel ruolo del titolo; la Gazzaniga, prima Luisa, come Lina; Filippo Colini, padre di Giovanna d’Arco).
L’opera, altrove, come già capitò ad Ernani o alla Battaglia, conobbe altri titoli: fu Guglielmo Wellingrode a Firenze, e Stiffelio divenne da pastore a primo ministro; sei anni dopo, a Rimini, Verdi aggiunse un atto, spostò la vicenda in Scozia e la anticipò al MedioEvo, ribatezzandola Aroldo. Le varie versioni dell’opera (assieme alla “maledizione” della censura) forse inabissarono la sua fama, tant’è che fino alla seconda metà del secolo scorso del povero Stiffelio si persero le tracce. Cent’anni dopo, due manoscritti autografi di Stiffelio e del Guglielmo Wellingrode furono ritrovati negli anni ’60 del secolo scorso nella biblioteca del Conservatorio di Napoli, e l’opera venne eseguita per la prima volta, in epoca moderna, al Teatro Regio di Parma nel 1968.
L’opera
Inizio del XIX secolo, in Germania. La statica vicenda dell’opera ruota attorno all’infelice matrimonio tra il pastore protestante Stiffelio (tenore) e Lina (soprano), figlia di Stankar (baritono): la nobildonna, infatti, ha tradito il consorte con il nobile conte Raffaele (tenore). Il padre di lei, sconvolto dall’onta in cui è caduta la famiglia, obbliga la figlia di non confessare il peccato al marito: Stankar, infatti, vuole di sua mano vendicare il disonore.
Il duello tra il padre e il seduttore viene però interrotto da Stiffelio, che apprende la verità, e viene diviso tra ciò che l’istinto gli impone (vendicare il tradimento) e il suo vincolo religioso. Stravolto, il pastore allora concorda con la moglie di firmare un documento di divorzio, ma, appena pochi istanti dopo, Stankar annuncia di aver consumato la vendetta della famiglia, avendo ucciso Raffaele.
In chiesa, tutta la comunità prega per l’orribile evento avvenuto. Stiffelio, ispirato, legge a tutti l’episodio evangelico dell’adultera salvata da Gesù Cristo, perdonando, in questa maniera, la moglie infedele.
Musica e maschere
Solitamente Stiffelio viene indicata come una delle ultime opere degli “anni di galera” verdiani (quel periodo di circa dieci anni, dal debutto di Nabucco in poi, in cui Verdi viaggiò per mezza Europa componendo una o più opere all’anno, a ritmi spesso insostenibili), nonché come preludio alla produzione degli anni dopo, specialmente alla famosa “trilogia popolare” (Rigoletto, Il trovatore, La traviata): il terribile duetto tra Stankar e la figlia nell’Atto Primo (“Dite che il fallo a tergere”), in cui il padre impone a Lina di tacere a Stiffelio del tradimento, anticipa l’analogo duetto tra Germont padre e Violetta in Traviata (“Pura siccome un angelo”), in cui il vecchio detta ordini all’amante del figlio; il complesso rapporto tra Lina e il genitore è agli antipodi di quello tra Gilda e il protagonista del Rigoletto; l’Atto Secondo, con l’incontro tra Lina e Raffaele nel cimitero, e la scoperta del tradimento da parte di Stiffelio, gettano le basi per la scena dell’”orrido campo” de Un ballo in maschera.
Se sopravvivono alcune arie famose delle opere meno note di Verdi, Stiffelio non riesce a vantare, nel suo bagaglio di arie, dei brani famosi e conosciuti da tutti. A discapito di questa sua poca fama, l’opera può vantare dei brani splendidi, quali la maestosa Sinfonia; le scene di Lina (“Ah, dagli scanni eterei”) e di Stankar (“Lina, pensai che un angelo”), che aprono, rispettivamente, gli Atti Secondo e Terzo; il Finale Primo ed il Terzo, con la lettura del Vangelo che perdona Lina; il già citato duetto di Lina con il padre, e con Stiffelio nell’Atto Terzo “Opposto è il calle che in avvenire”, duetto non amoroso, ma in cui il marito, implacabile, ottiene il divorzio dalla sposa dolente.
Tre buoni motivi per cui vale la pena ascoltarla
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per la maestosa Sinfonia che apre l’opera, gemma della produzione degli ultimi “anni di galera”;
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per Stiffelio, ruolo intenso e complicato, reso celebre dall’interpretazione di vari tenori (Mario Del Monaco, José Carreras, Placido Domingo, José Cura);
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per Lina, ascendente diretta dell’infelice Amelia del Ballo in maschera; da ascoltare la scena che apre il secondo atto, eseguita in studio e live (con il titolo, però, di Aroldo) da Montserrat Caballé.
Dove e quando ascoltarla in Italia
Il Teatro Massimo Bellini di Catania ospita ad ottobre, in occasione del bicentenario verdiano, la prima rappresentazione in città dell’opera: protagonisti, Francesco Anile (Stiffelio), Dimitra Theodossiou (Lina) e Luca Grassi (Stankar), diretti da Giampaolo Bisanti.