Luisa Miller – Amore e intrigo
di Martino Pinali
Background storico
I fasti romani della Battaglia di Legnano erano in parte amareggiati dalla scissione del contratto con il San Carlo di Napoli: per questa rottura degli accordi, il librettista Cammarano fu addirittura minacciato di subire la prigione. Allora Verdi si accordò con il teatro partenopeo, per salvare l’amico dalle ritorsioni della legge, e s’impegnò a comporre una nuova opera.
Come avvenne in altri precedenti casi, la scelta del soggetto fu difficile e travagliata: la prima scelta ricadde sul romanzo L’assedio di Firenze di Francesco Domenico Guerrazzi, sovversivo toscano che annegava le delusioni politiche in una prolifica produzione letteraria di stampo smaccatamente patriottico. Ma, memore dei disagi causati dalla Battaglia, la censura napoletana mai avrebbe accettato un soggetto simile: visto l’esaurirsi delle forze della Prima Guerra d’Indipendenza, un’opera del genere avrebbe riacceso quegli ardori che si stavano spegnendo. Verdi e Cammarano quindi optarono per un altro soggetto, scegliendo un autore carissimo al compositore: si ritornava a Schiller, con il dramma borghese Kabala und Liebe(“Amore e intrigo”).
La composizione della musica avvenne in viaggio, mentre Verdi passava per l’Italia squassata da moti rivoluzioni e repressioni, e arrivava fino a Parigi, dove rimase per l’estate, mandando in continuazione a Cammarano le pagine che andava componendo, mentre l’amico gli inviava le bozze del libretto. Ritornato, all’inizio dell’autunno, in Italia, ripartì per Napoli, dove il San Carlo stava già schierando il cast: accanto ai “veterani” Achille De Bassini (primo Francesco dei Due Foscari e Seid del Corsaro) e Antonio Selva (Silva dell’Ernani), le due voci “giovanili” di Marietta Gazzaniga e Settimio Malvezzi nei panni degli infelici protagonisti.
Pur con qualche riserbo sulle voci, l’opera piacque, al suo debutto, l’8 dicembre 1849, e fu salutata con un cordiale successo, rendendo meno tesi i rapporti tra Verdi e Napoli (pacificazione, purtroppo, inutile, visto che gli stessi problemi, dieci anni dopo, avrebbero tormentato la composizione de Un ballo in maschera).
L’opera
L’opera, ambientata nel Tirolo, all’inizio del XVII secolo, racconta lo sfortunato amore tra Luisa (soprano), figlia del vecchio soldato Miller (baritono), e Rodolfo (tenore), figlio del Conte di Walter (basso).
Il Conte, avendo già combinato il matrimonio del figlio con la duchessa Federica (mezzosoprano), con la complicità del fido Wurm (basso), follemente innamorato di Luisa, decide di distruggere con qualsiasi mezzo la relazione tra il figlio e la contadina: prima cerca di imprigionare Luisa, ma questo piano fallisce quando Rodolfo minaccia di rivelare a tutti l’omicidio con cui è diventato padrone del contado. A finire in prigione, tuttavia, è il vecchio Miller.
Luisa, a questo punto, è costretta, per salvare il padre, a sottoscrivere una lettera in cui afferma di essere innamorata di Wurm e di rinunciare all’amore per Rodolfo, che ha illuso solo “per ambizione”. La povera contadina, dopo tanto dolore, è costretta anche a tranquillizzare la preoccupata Federica sui suoi interessi amorosi, promettendole di sposare Wurm.
Miller viene così liberato, e padre e figlia si apprestano ad emigrare, per vivere felicemente altrove. Ma Rodolfo, che ha ricevuto la lettera ed è ignaro del ricatto di cui l’amata è stata vittima, in un ultimo colloquio con Luisa, avvelena i bicchieri a cui stavano bevendo, per vendicarsi dell’ingrata: in punto di morte, Luisa però gli rivela gli inganni di cui sono stati vittime, e spira tra le braccia del padre e dell’amato. Le grida disperate hanno richiamato in scena i contadini, il Conte e Wurm: Rodolfo, prima di spirare, uccide quest’ultimo e maledice il padre.
Musica e maschere
Rispetto alle opere precedenti, in cui emergevano solo i tre personaggi principali, nella Luisa Miller quasi tutti i protagonisti possono vantare un loro spazio, tutti possono dire ed esprimere i loro sentimenti:
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il Conte di Walter ondeggia tra crudeltà, la paura che il suo delitto possa venire rivelato, e un sincero amore paterno verso il figlio (come si evince dalla sua aria nel Primo Atto “Il mio sangue, la vita darei”);
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Federica, personaggio presente per una manciata di scene solo nei primi due atti (persino Laura, personaggio secondario, la tipica amica/confidente della protagonista, è più presente in scena di lei), ma ben tratteggiato nella sua nobiltà d’animo, è innamorata a tal punto di Rodolfo da non voler intromettersi nella sua relazione con Luisa (ciò avviene nel loro duetto “Dall’aule raggianti di vano splendor”);
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come Federica, anche il personaggio di Wurm, secondo villain della vicenda, pur avendo meno numeri musicali dei “colleghi” (e nessuno di questi brani è solistico), è ben caratterizzato nel suo agire dietro le quinte, anticipando il Paolo Albiani del Simon Boccanegra, e Jago dell’Otello;
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Miller, tenero padre di Luisa, assieme al vecchio Doge dei Due Foscari, è l’unico genitore “innocuo” di tutta la produzione verdiana: pur non approvando la relazione tra la figlia e Rodolfo (di cui, all’inizio, non conosceva l’identità), nei confronti di Luisa non ha severe parole di rimprovero o di maledizione (come capitava con Giacomo, padre di Giovanna d’Arco, e come capiterà con Amonasro per Aida).
I due sventurati amanti non riescono ad avere un momento da soli che vengono o interrotti o raggiunti da altri (i terzetti tra Luisa, Rodolfo e Miller che aprono e chiudono l’opera: “T’amo d’amor ch’esprimere” e “Padre, ricevi l’estremo addio”): la loro condanna è nel muro di incomunicabilità che gli altri personaggi ergono tra di loro. Entrambi sono consci che il loro amore non recherà nulla di buono, e sarà fatale per tutti; Rodolfo, quando scopre l’inganno, subito dopo aver bevuto il veleno con Luisa, esclama, furibondo:
Ah! Maledetto, il di che nacqui,
il mio sangue, il padre mio!
Fui creato, avverso Iddio,
nel tremendo tuo furor.
Rodolfo, in questa furente dichiarazione, si dimostra vero discendente di quella schiera di tenori “belli e dannati” che lasciano sii dietro la scia del sangue che hanno amato, versato (in)consciamente da loro stessi (il protagonista di Ernani, Carlo dei Masnadieri, Corrado del Corsaro).
Tre buoni motivi per cui vale la pena ascoltarla
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per la romanza più famosa dell’opera, “Quando le sere al placido”, cantata da Rodolfo, e resa celebre dai tenori più acclamati: Marcelo Alvarez, Carlo Bergonzi, Franco Corelli, Placido Domingo, Luciano Pavarotti;
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per Luisa, il cui personaggio oscilla tra il topos della damsel in distress, il contegno nobiliare di Lucrezia dei Due Foscari e la gelosia di Leonora dell’Oberto;
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per lo straziante terzetto finale, tipico “marchio” verdiano: degna di ascolto la versione, incisa in studio da Fausto Cleva, con l’impetuoso Rodolfo di Bergonzi, l’eterea Luisa di Anna Moffo, e il dolente Miller di Cornell MacNeil.
Dove e quando ascoltarla in Italia
Non prevista nei cartelloni del 2013, viene pubblicato il dvd della produzione del 2007 al Teatro Regio di Parma: il cast schiera Marcelo Alvarez (Rodolfo), Fiorenza Cedolins (Luisa), Leo Nucci (Miller), diretti da Donato Renzetti. La regia, stilizzata ed inquietante, è di Denis Krief.