La visione fuori dagli schemi di Natalino Balasso
di Valentin Ipuche
Abbiamo intervistato Natalino Balasso: attore, comico e autore di teatro, cinema, libri e televisione, collaboratore de Il Fatto Quotidiano e YouTuber. Un artista critico e conflittuale, tra i primi a rivolgersi a canali alternativi alla tv, che ci ha raccontato la sua relazione con i mezzi di comunicazione, la pubblicità e il pubblico.

Ci sono limiti o presupposti nella figura del comico?
Io leggo la comicità secondo uno schema classico, che ovviamente è più ricco e più complesso rispetto alla visione contemporanea, che poi è quella televisiva. La comicità a mio avviso è l’arma dei poeti e quindi fa ridere, fa commuovere, fa finire bene le cose, ma colpisce anche il cinismo della vita e degli uomini. Il comico è un ingenuo, se smette di esserlo, se perde il contatto con il suo lato infantile, smette di fare comicità per darsi a un lavoro impiegatizio. Per questo fatico a far comprendere il mio lavoro. I cervelli della gente purtroppo sono invasi dalla semplificazione televisiva.
Chi sono (se ci sono) i suoi punti di riferimento?
I miei punti di riferimento sono il mondo e la vita in generale. Imparo da chiunque mi interessi, ma non ho modelli; i modelli ti portano lontano dalle tue corde verso il loro mondo, invece devi costruire un mondo tuo, fatto della tua arte, che è irreplicabile, come quella di tutti.
Il suo è uno sguardo molto critico nei confronti della società contemporanea. Dai suoi video su YouTube sembra che in particolare lei riconosca come perno del malfunzionamento e della follia collettiva il marketing, la pubblicità, o quantomeno che lei riconosca questo elemento come il più immediato da attaccare per combattere questo sistema. Ma i suoi video su YouTube sono spesso anticipati da qualche secondo di pubblicità. Lei è anche uno che scrive molto su Facebook, che pure vive grazie alla pubblicità.
Non è una contraddizione usare mezzi malati per parlare della malattia?
Per quanto riguarda la pubblicità, ritengo che sia il linguaggio (che sembra rivolgersi a bambini deficienti, con tanti “Oeuh! Incredibile! Magnifico! Solo per te! Omaggio!” eccetera), sia l’invadenza delle immagini e dei suoni rappresentino un basso livello di comunicazione. La pubblicità non colpisce più nessuno, non meraviglia, non attrae, è solo fastidiosa. Ma io posso usare solo ciò che ho a disposizione. Con Youtube ho continui conflitti e in alcuni video, che usano colonne sonore con pezzi di altri, vengono inserite pubblicità per alcuni utenti. È un controsenso, infatti tra poco abbandonerò la piattaforma per rivolgermi a forme di comunicazione meno disoneste. Il controsenso purtroppo è la società in cui viviamo e di cui faccio parte, volente o nolente. Quello che dico lo dico al pubblico, dirlo da solo in un blogghetto deserto sarebbe un’azione un po’ onanistica. Tuttavia, usare il mondo per dire che il mondo può cambiare non lo vedo un controsenso comunicativo.
Mi capita personalmente di avere l’impressione che alle volte lei sottovaluti il suo spettatore, usando dei toni quasi paternalistici. Non è una cosa necessariamente sbagliata (10 milioni di persone votano Berlusconi). Cosa ne pensa?
Non esiste “lo spettatore”, esistono milioni di persone che guardano i miei video e il tentativo è quello di arrivare a molti. Ho sempre affermato di non amare il “club degli intelligenti”, quelli che se una cosa la capiscono in troppi non è più buona. Sono per l’idiozia e l’ingenuità. E tuttavia non ho mai considerato chi vota PD o M5S o Scelta civica o Lega più intelligente di chi vota Berlusconi. Si può essere intelligenti e malvagi.
L’Italia è un paese che accoglie e comprende il suo messaggio? Qual è il suo rapporto col pubblico?

Dell’Italia come paese poco me ne cale, non potrei fare confronti, non ho mai lavorato in nazioni diverse, non ho motivi di confronto. M’interessa anche poco il “rapporto col pubblico”, che è una cosa di cui ha bisogno chi vuole fan. Io odio i fan, preferisco un pubblico critico e, spesso, il pubblico che segue i miei lavori mi bacchetta. Quando vedo le scene di delirio che avvenivano coi Beatles penso che i Beatles fossero sicuramente bravi, ma che buona parte del loro pubblico fosse formato da imbecilli.
Cosa ne pensa dei comici odierni nel panorama nazionale?
È un tema che non m’interessa, non ho opinioni in proposito. Io faccio anche e, forse, soprattutto l’attore. Sono anche comico, però mi è difficile vedere qualcuno come mio “collega”. Ognuno ha una storia a sé.
Lei parla spesso di politica nella sua pagina Facebook, ma lei come si definisce?
Detesto le definizioni. Ma chiunque può parlare di politica, non ne vedo la stranezza.
Lasciamo stare le definizioni e, se le va, ci parli di come concepisce la politica.
Parlo anche di politica perché, in fondo, FB è un diario e ci metti un po’ quello che ti passa per la testa e un po’ quello che diresti al bar con gli amici. La differenza è che gli amici del bar mi mandano a c… molto più in fretta dei seguaci di FB. Se vuoi che ti dica dove mi “colloco” nell’immaginario arco politico, non riesco a collocarmi da nessuna parte. Perché non riesco a seguire i ragionamenti dei partiti e degli schieramenti che vedono tutti la risoluzione dei problemi in una crescita per la crescita. Mi piacerebbe che si arrivasse ad una maggiore maturità amministrativa, pensando a quella cosa che si potrebbe sintetizzare con Bene Comune. Mi rendo conto che sarà un’utopia finché il mondo si baserà sul mercato.
A che progetti sta lavorando?
Tanto teatro, per i prossimi tre anni.
Ha consigli da dare a chi vuole fare l’attore, il comico o lo scrittore oggi in Italia?
Il pubblico non capisce la differenza tra chi è bravo e chi non lo è. Quindi il mio consiglio è: cerchi di diventare bravo, ma sappia che non servirà.






