Pubblicato il: Dom, Lug 20th, 2014

«Che nessuna resti sola»: dimezzati i fondi per i Centri Antiviolenza del Veneto

di Chiara Gagliardi

Una notizia che è arrivata come una doccia fredda per i Centri Antiviolenza del Veneto: i luoghi di accoglienza per donne vittime di violenza riceveranno dalla Regione la metà dei fondi rispetto a quelli erogati per l’anno 2013. Il finanziamento, dichiara il Coordinamento dei Centri Antiviolenza, sarà inadeguato non solo per l’apertura di nuove strutture, ma anche per il sostenimento di quelle già esistenti. L’importanza delle Case di Fuga, in una società dove la violenza di genere è in deciso aumento, è fondamentale per consentire alle vittime di reagire e di costruire una nuova vita. «Ancora una volta si chiede al volontariato un impegno che disattende un rapporto equilibrato, orientato ad una sussidiarietà autentica fra soggetti istituzionali e privato sociale» scrive il Coordinamento in una lettera alla Giunta regionale. Il Referendum ha parlato del problema con la Segreteria del Centro Donna di Padova.

Qual è l’attuale situazione della violenza di genere in Veneto? Rispetto allo scorso anno (2013) la Regione ha concesso meno fondi.

La violenza di genere, suscettibile di colpire in modo sproporzionato le donne, è un fenomeno riconosciuto nei documenti internazionali, quali la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, come strutturale e trasversale alle culture, alle società, ai governi, all’estrazione sociale di chi l’agisce e di chi la subisce.
Secondo l’indagine Istat condotta nel 2006, la Regione Veneto risulta essere uno dei luoghi dove si registra una maggior incidenza del fenomeno; la stessa Regione ha visto però, negli ultimi decenni, un consistente rafforzamento di servizi di ascolto e protezione per le donne vittime di violenza, come i Centri Antiviolenza, che nella maggior parte dei casi fanno riferimento ad associazioni di donne del privato sociale. Il consolidamento di queste strutture e degli sportelli d’ascolto ha permesso, a nostro avviso, di aiutare le donne ad uscire dal silenzio. Il fenomeno è in aumento rispetto agli anni precedenti, tuttavia non vogliamo leggere i numeri crescenti di questi ultimi anni come un’impennata della violenza (in generale e in Veneto in particolare), ma come una risposta positiva all’emergere di strutture e servizi adatti a rispondere ai bisogni difficili che le donne pongono. Le donne sanno di trovare dei luoghi sicuri e delle persone con alta qualifica professionale che le possono aiutare. Probabilmente per questo sono più disposte di una volta a denunciare e a iniziare un percorso di uscita dalla violenza.

Qual è il ruolo dei Centri Antiviolenza? Cosa accadrebbe se la loro opera cessasse?

I fondi che la Regione ha destinato per il 2013 non sono ancora pervenuti; e se già quelli erano inadeguati per far fronte alle esigenze dei territori, il dimezzamento dei fondi previsto per il 2014 desta moltissima preoccupazione; il rischio reale che si sta correndo è di andare incontro alla chiusura dei Centri Antiviolenza che con i fondi previsti non possono certamente sostenere in maniera adeguata i servizi erogati.

La sede del Centro Donna Padova, in via Tripoli.

Si prevedono, nel prossimo futuro, delle manifestazioni o delle iniziative per richiedere alla Regione un maggiore sostegno?

I Centri antiviolenza sono strutture che offrono servizi gratuiti di consulenza psicologica e legale ai servizi sanitari e sociali presenti sul territorio, e nei casi più gravi, quando il servizio lo consente, offrono strutture di prima e seconda accoglienza ad indirizzo segreto, dove le donne e i minori possano trovare adeguata protezione. I Centri svolgono un ruolo pubblico cruciale, poiché portano all’attenzione dell’opinione pubblica la gamma di sfumature che colorano la violenza di genere e l’impatto che questa ha all’interno della società per mezzo di programmi di formazione specifici per professionisti, attività di prevenzione nelle scuole ed eventi di sensibilizzazione per la cittadinanza.
Queste strutture offrono un importante servizio a tutta la cittadinanza, per questo dovrebbero essere riconosciuti e finanziati dallo Stato in modo adeguato per permettere la sopravvivenza e l’erogazione continua e coerente dei servizi.
In Italia sono attivi oggi 125 Centri Antiviolenza; molti di questi sono solo telefoni d’ascolto e/o sportelli. Solo 60 di questi hanno a disposizione Case di Fuga di prima o seconda accoglienza per la messa in protezione di donne e minori in situazione di immediata emergenza. Nonostante in questi ultimi vent’anni il numero delle strutture sia cresciuto, siamo ben lontani dalle disposizioni in materia dell’Unione Europea, il cui Parlamento già negli anni ‘90 chiedeva un posto in una struttura di protezione ogni 10.000 abitanti.

Con tali fondi dimezzati, quali sono le previsioni per il prossimo anno?

Per quanto riguarda i dati del Centro Veneto Progetti Donna nel 2013, sono state 720 le donne che hanno contattato il Centro Antiviolenza e 400 solo nei primi 5 mesi del 2014.
Abbiamo aperto Sportelli d’aiuto su tutto il territorio Provinciale, abbiamo stipulato Convenzioni e Protocolli con l’ULSS 16; gestiamo con e per conto del Comune di Padova lo Sportello Donna in Piazza Capitaniato e la Casa di Fuga ad indirizzo segreto; abbiamo attivato un numero verde e collaboriamo con la Croce Rossa per l’accoglienza in emergenza. Siamo diventate in pochi anni un presidio territoriale stabile che riesce a fornire risposte concrete alle donne, un nodo essenziale della Rete di contrasto alla violenza.
Abbiamo creato insieme ai Centri di Verona, Belluno, Bassano, Treviso, Venezia e Vicenza il Coordinamento dei Centri Antiviolenza Veneto con lo scopo di creare una rete forte sul territorio per lo scambio di informazioni, buone prassi e modus operandi. Il Coordinamento ha dato una risposta molto chiara ai tagli previsti dalla Regione inviando la lettera citata nell’introduzione a tutti gli Assessori e i Consiglieri Regionali. Sabato 19 luglio sono previste manifestazioni e flash mob nelle piazze principali del territorio per chiedere alla Regione di non lasciarci sole e di rivedere la scelta del dimezzamento dei fondi. Perché la violenza sulle donne non è questione di cronaca quotidiana, ma di vita quotidiana, di lesione quotidiana dei diritti fondamentali delle donne e spesso dei minori coinvolti. La violenza agisce ventiquattro ore su ventiquattro, ed è responsabilità di tutta la società e di tutte le istituzioni rispondere nello stesso modo. Che nessuna resti sola!

Il Referendum ha aderito e partecipato con la pubblica lettura di alcuni testi tratti dal libro “Ferite a morte” di Serena Dandini, al flash mob di Verona.