#vorreiprendereiltreno, una battaglia ‘col sorriso’ contro le barriere architettoniche
di Maria Pozzato
Iacopo Melio è un ragazzo disabile di 22 anni, grintoso e determinato nei suoi obiettivi, che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione contro le barriere architettoniche, attraverso l’hashtag divenuto virale in rete #vorreiprendereiltreno. L’iniziativa, chiara e diretta, in breve tempo è stata condivisa da tantissimi ragazzi che hanno dimostrato la loro solidarietà attraverso dei selfie in cui vengono mostrati dei cartelli con la keyword da lui coniata, raggiungendo la curiosità dei media nazionali e internazionali e raccogliendo molte adesioni anche tra i politici.
Noi de Il Referendum abbiamo intervistato Iacopo Melio, per capire la sua storia, per conoscerlo e sapere di più sulla sua battaglia.
Parlaci un po’ di te. Chi è Iacopo Melio?
Sono uno studente di Scienze Politiche, ho 22 anni e abito a Lazzeretto, un paesino nel Comune di Cerreto Guidi (in provincia di Firenze). Nel tempo libero scrivo, suono e fotografo. Sono affascinato da ogni forma di arte e comunicazione: scrittura, musica, cinema… Tutto ciò che cerca di trasmettere idee e emozioni.
Qual è la tua più grande difficoltà quotidiana nell’Italia di oggi?
Vivere la vita in maniera libera e indipendente è spesso già una sfida per i “normodotati”, figuriamoci per me e per tutti i disabili che, continuamente, devono lottare per godersi i propri spazi e la propria città. Circolare non è mai del tutto agibile: i mezzi pubblici sono raramente attrezzati, i negozi (anche quelli nuovi) non vengono resi a misura di carrozzine o passeggini, i pochi scivoli dei marciapiedi sono spesso ostacolati da macchine o motorini, i centri storici hanno pavimentazioni da far invidia al Grand Canyon… Muoversi finisce col diventare un vero e proprio percorso ad ostacoli.
Nel tuo blog scrivi che le barriere da affrontare ogni giorno non sono solo architettoniche, ma anche sociali e culturali. Secondo te, quali ostacoli alimentano maggiormente la percezione che un disabile ha di sé come “diverso” e l’immagine che le persone hanno della disabilità come “diversità”?
L’indifferenza e la mancanza di attenzione verso l’abbattimento di ogni ostacolo crea sicuramente un vuoto tra chi ha gli strumenti per vivere liberamente e chi no. Purtroppo quando un problema riguarda un numero ristretto di persone non viene sufficientemente preso in considerazione in Italia: moralmente ed eticamente si è, per ovvi motivi, disposti a sottolinearne l’importanza, ma alla fine non si arriva mai a una risoluzione definitiva del problema stesso e si trovano mille scuse per spaccare il capello in quattro. Questa è sicuramente una tra le cause per cui ci costringono ad un sentimento di diversità, o meglio di “invisibilità”. Occorrerebbe poi maggior attenzione da parte di tutti i cittadini che, non sempre per cattiveria ma spesso per mal-educazione di fondo, talvolta sono distratti e di ostacolo loro stessi (appunto, come per l’esempio di macchine e motori parcheggiati di fronte agli scivoli dei marciapiedi). Spesso basterebbe una maggior sensibilizzazione al problema.
Quando hai iniziato a sentire il desiderio di cambiare le cose e di far sentire la tua voce? C’è stato un episodio in particolare che ha acceso, per così dire, la miccia?
No, nessuno in particolare. Sono sempre stato bonariamente polemico su quello che, secondo me, non va in generale… Ho sempre difeso le mie idee e i miei valori, mai col piede di guerra ma cercando sempre una possibile “collaborazione” pacifica per risolvere eventuali problematiche, personali e non. Quando subisci certi “scalini” ogni giorno sei senz’altro portato a riconoscerli molto prima e molto meglio di altri che sono in grado di superarli, per cui è anche un dovere civile (e un diritto) insistere affinché lo scoglio venga preso in considerazione e abbattuto, il prima possibile, per chiunque.
#vorreiprendereiltreno è partita da un semplice hashtag, come accade spesso al giorno d’oggi per le iniziative virali sul web. C’era già in cantiere l’idea di realizzare una campagna del genere o è stato un gesto impulsivo che si è poi sviluppato?
È nato tutto assolutamente per caso. Ho letto un tweet dell’ex Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, nel quale sosteneva “#ioprendoiltreno”. Ho letto in quella frase un “prendo il treno come tutti”, un modo per mettersi al pari dei comuni cittadini: così le ho risposto facendole notare che non tutti hanno la fortuna di prendere i treni, usando appunto l’hasthag #vorreiprendereiltreno. Non era assolutamente un attacco personale, ma uno spunto di riflessione che, tra l’altro, il Ministro ha condiviso a suo modo. Dopo una settimana ho scritto sul mio blog un articolo, prendendo spunto dallo scambio di battute col Ministro per fare un appello alle Istituzioni parlando della situazione in Italia. L’ho fatto in maniera ironica e non polemica, proprio per affrontare il tema in modo più originale possibile, evitando il classico discorso sulle barriere architettoniche. È probabilmente stato questo che ha fatto girare subito l’articolo su internet in maniera virale, finché i giornali nazionali (e internazionali) hanno iniziato ad interessarsi alla vicenda.
“Sono single per colpa degli autobus: politici, aiutatemi!!”: l’amore è un pretesto o una spinta che tra tante ti ha convinto a reagire?
No, l’amore è stato appunto un pretesto per trattare l’argomento in maniera leggera e divertente. Volevo far riflettere in modo originale sul problema trattando di un argomento realmente universale, l’amore: nessuno impedirebbe a qualcuno di amare, no? Così ho parlato della classica scena “da film”, di lui e lei che si innamorano su di un treno… Cosa che, mi auguro, possa accadere molto presto a qualcuno in carrozzina.
Da quando è iniziata, la campagna ha avuto subito successo, specialmente tra gli utenti dei social network che hanno dimostrato di essere sensibili e attenti alla tematica delle barriere architettoniche. Da quel momento, che cosa è cambiato? Quali risultati hai ottenuto?
Di sicuro ho ottenuto molta attenzione, che non è poco. Credo che l’esposizione mediatica quando si tratta di diritti sociali sia fondamentale, non certo per mettere in buona luce chi porta avanti le battaglie (questa non è la mia lotta, ma quella di tutti…io sono stato solamente una penna, tra l’altro involontaria!) ma per creare più discussioni possibili riguardo alla questione da risolvere. Le decine di migliaia di messaggi che ogni giorno mi arrivano per mail, su twitter o facebook sono già la prima vittoria. Il fatto che le persone disabili non si sentano sole e non si lascino arrendere, il fatto che le persone normodotate abbiano voglia di gridare quanta educazione e quanto rispetto ci sia in questo Paese, lo trovo meraviglioso! Adesso dobbiamo rendere oggettiva questa vicinanza, questa solidarietà e sensibilità, e farla diventare una bellissima abitudine: per questo non bisogna spegnere questa voce, ma diffondere la battaglia e farla durare più a lungo possibile. Sto già smuovendo diverse attenzioni tra le Istituzioni e qualche parlamentare e senatore ha già preso contatti con me per discutere e proporre cambiamenti al Governo. Questa non è una battaglia partitica: quando si tratta di Diritti non ci sono colori politici! Ognuno, adesso che il problema è stato urlato così forte, ha il dovere di fare la sua parte e di portare questo “treno” più lontano possibile, impegnandosi per soluzioni concrete… Non solo a parole.
C’è qualcuno che ha intrapreso una simile campagna all’estero? Hai in mente di estendere #vorreiprendereiltreno e tutto ciò che comporta anche fuori dai confini nazionali?
Sono giorni per me impegnativi e non ho ancora avuto modo di vedere se all’estero siano state fatte campagne simili, da altre persone. Nel frattempo mi hanno contattato con mia grossa sorpresa Al Jazeera, la BBC di Londra e una TV francese per rilasciare delle interviste, che ho già fatto e che sono già state pubblicate. Spero vivamente che anche fuori dai confini nazionali questa nostra battaglia si estenda… Se non altro per spronare gli altri Stati a dare il buon esempio e a fungere da “traino” per il nostro Paese che, così mi ha detto chi mi ha intervistato, pare essere decisamente indietro su questo fronte. Io non lo so perché non sono mai stato fuori dall’Italia, ma i giornalisti stranieri mi sono sembrati molto sorpresi del fatto che un cittadino disabile non fosse libero di prendere un mezzo pubblico a suo piacimento, in completa libertà e autonomia (cosa che da loro è assolutamente naturale e scontata, come dovrebbe essere).
Hai in mente altri progetti legati a #vorreiprendereiltreno che vorresti sviluppare?
Per il momento no, anche se in futuro sicuramente si potranno fare tantissime belle iniziative, magari dopo l’estate (non si è mai a corto di tematiche e c’è sempre qualcosa per cui combattere). Adesso sto aspettando che siano le Istituzioni a muoversi: io sono disponibile per iniziare percorsi di dialogo e collaborazione con chiunque vorrà affidarsi alla mia esperienza personale (perché ho solo quella come “competenza”, non sono né un ingegnere né un giurista). Ogni proposta è assolutamente ben accetta, anzi… È arrivato il momento di fare qualcosa di concreto e definitivo, non certo per Iacopo Melio, ma per tutti. Abbiamo dimostrato di essere stanchi di un Paese che fa pagare un prezzo per chi voglia essere libero: adesso basta. Ci sono diritti da rispettare.
Se pensi a te stesso tra dieci anni, che cosa vedi?
Non lo so, vivo molto giorno per giorno. Di sicuro mi piacerebbe avere un lavoro che mi dia soddisfazione e che mi permetta di pagare l’affitto e qualcuno che mi assista durante il giorno, per poter andare a vivere da solo e costruirmi una quotidianità più autonoma possibile. Ma anche questo per il momento resta un bel sogno finché lo Stato non darà un sostegno concreto per rendere, laddove sia possibile, la vita indipendente ad un disabile… Nel frattempo continuiamo a combattere, sempre con il sorriso.
Iacopo nel suo blog, citando dei versi di De Andrè, dice: «Ma quanto saranno belle le stazioni?! (…) Le stazioni sono posti meravigliosi, carichi di amore: abbandonato, conteso, regalato, straziato, ritrovato». Sono posti in cui Iacopo, e chi come lui è costretto su una sedia a rotelle, vorrebbe andare, per rimanere «sepolto in casa dai suoi pensieri», come si descrive nel suo profilo Twitter, soltanto quando lo sceglie lui, e perché quell’hashtag al condizionale si possa finalmente coniugare al presente indicativo.