È morto Maya Naser, il giornalista che aspettava il suo turno guardando Damasco dietro i vetri di una finestra
di Alessandro Pagano Dritto
Due mesi prima, il 2 luglio, era appena passata la mezzanotte: era una Night in Damascus, una notte a Damasco, come poi scrisse.
Maya Naser era un reporter della tv iraniana di Stato che oggi pomeriggio stava commentando in diretta le esplosioni ascoltate con le sue orecchie in città: ne aveva riferito poco prima tramite il suo profilo Twitter. A quelle esplosioni è seguito un conflitto a fuoco tra l’esercito e i ribelli del Free Syrian Army, quando un proiettile l’ha colpito e anche lui è morto, mentre il collega Hosein Mortada è rimasto ferito.
Una notte dell’inizio di luglio Maya Naser guardava fuori da una finestra e ascoltava gli spari e le esplosioni, quelle cicatrici del suono che testimoniano per un attimo la violenza della guerra. Erano gli spari degli uomini dell’esercito governativo, che allora come ora conduceva una lotta senza quartiere contro i ribelli del Free Syrian Army.
I commenti della prima ora parlano di un cecchino, ma le immagini caricate su Yotube, che si fermano rispettosamente prima del momento fatale, lo mostrano acquattato dietro un muro: sembra l’entrata di un edificio, e attorno si sentono gli spari. Non è impossibile che in quelle condizioni ci si trovi nella traiettoria di un proiettile vagante.
Quella notte a Damasco, poco dopo mezzanotte, Maya Naser pensava a un suo amico dottore morto senza un motivo. Non era certo dalla parte di Assad il dottore: il padre era addirittura stato in prigione a causa del suo dissenso con il governo. Ma questo non lo aveva aiutato a superare indenne la guerra ed era morto come si può morire in guerra quando le armi sono pronte a sparare. Senza una spiegazione precisa.
Damsco, Aleppo e tante altre sono città dove ogni metro costa sangue, dove ogni muro, ogni carcassa d’automobile, ogni pila di copertoni può decidere la sottile differenza tra la vita e la morte, dove a volte l’odore di bruciato e il fumo intasano i polmoni.

Un fotogramma della tv siriana di Stato mostra soldati lealisti mentre combattono nelle strade di Damasco. (AP)
Quella notte a Damasco Maya Naser scriveva anche di aver sognato di pranzare con la propria «amata ragazza». Non ne dice il nome e a tanti chilometri di distanza non è facile per un giornalista sapere se quella ragazza avesse un viso o fosse solo un sogno lontano. Si sa solo che Maya Naser era nato il 30 luglio 1979 in Siria, aveva studiato scienze politiche all’università di New York, parlava bene inglese e arabo. Da inviato era stato in Usa, Libano, Giordania, Egitto e Bahrain. E di questo ci informa in poche laconiche righe il sito della televisione per cui lavorava.
Poi è tornato nella sua Siria, a Damasco, per seguire le truppe dell’esercito governativo.
«Morale della favola: la mia gente sta morendo e io sono ancora qui che aspetto il mio turno».
Lo scrisse una notte a Damasco, guardando dai vetri la città, appena passata la mezzanotte.







