Facebook fa votare i suoi utenti: il problema è che nessuno lo sa
di Andrea Gentili
Mark Zuckerberg ha deciso di fare il democratico. Dall’1 all’8 giugno, infatti, Facebook darà la possibilità a ciascun utente di votare sui cambiamenti in seno al sito californiano (il link è in fondo a questa pagina). Il problema è che mancano 3 giorni alla chiusura delle votazioni e al momento non hanno votato neanche 200.000 utenti, su più di 900 milioni. Troppo pochi per raggiungere il quorum del 30%, circa 270 milioni di click, necessari affinché la votazione abbia carattere vincolante nei confronti del mega colosso di Zuckerberg. Sotto la cifra minima infatti, i risultati saranno, come si legge sul sito “solo a titolo orientativo”, ma su cosa si vota? Anche qua si rischia di rimanere ingarbugliati: difatti, quei pochi utenti che riusciranno a trovare le informazioni per accedere alla votazione, rimarranno abbastanza delusi. O quantomeno perplessi.
Beppe Severgnini, nota firma del Corriere della Sera, unico giornale italiano ad aver divulgato notizia del referendum informatico (o d’altra parte l’unico ad averlo saputo), invita i lettori a dire no, perché la privacy non va venduta. Privacy? Votare no? Tutto ciò non compare nell’applicazione, gestita dal Wildfire Social Media Marketing, la quale gestirà poi anche i risultati della votazione, verificando dai profili dei votanti le informazioni utili quali l’effettivo diritto al voto. La schermata si apre con questa spiegazione: “Di recente Facebook ha pubblicato delle modifiche proposte alla Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità (DDR) e alla Normativa sull’utilizzo dei dati, fornendo delle spiegazioni di tali modifiche e invitando gli utenti a fornire commenti su questi nuovi documenti. Ora ti chiediamo di votare per far sapere a Facebook quali sono i documenti che vorresti regolassero il sito.” Dopodiché non si deve far altro che leggere il vecchio documento della normativa sull’utilizzo dei dati, datato 23 settembre 2011, il nuovo documento della normativa sull’utilizzo dei dati, datato 11 maggio 2012, con l’annesso documento di spiegazione, il vecchio documento sulla Dichiarazione dei diritti e delle Responsabilità (26 aprile 2011) e il nuovo documento sulla Dichiarazione dei diritti e delle Responsabilità, senza ovviamente l’immancabile documento di spiegazione. Insomma per essere ben consapevoli del proprio voto bisognerebbe leggersi ben sei documenti, perché Facebook ti chiede se vuoi mantenere i vecchi documenti, quindi diciamo le vecchie normative, oppure se accetti le nuove proposte Zuckerberg Inc.
Noi siamo andati a leggerci tutti i documenti e siamo costretti a svelare che a una prima lettura ben poco si comprende delle intenzioni del Facebook del futuro. Innanzitutto si parte dalle formalità: dai vecchi ai nuovi documenti cambiano alcuni termini, e alcune sezioni sono state o riassunte e inglobate, o create ex novo. Tra questi esempi c’è il cambiamento del nome da “Normativa sulla privacy” a “Normativa sull’utilizzo dei dati”, oppure la sostituzione dell’espressione che vieta “i messaggi di odio” in “discorsi che incitano all’odio” e così via. Venendo ai cambiamenti radicali, ebbene è ciò che state vedendo in questo momento su Facebook. Ossia? Il diario innanzitutto, che ha sostituito il profilo: insomma la nuova estetica di Facebook ma non solo. Con la normativa che si propone (che sarebbe poi già quella attuale in molti account, perché non si può più parlare di profili) si renderà il sesso di una persona pubblico e condivisibile con le applicazioni, tipo i giochi, quiz, e giornali in social. Inoltre anche la foto di copertina di ogni “diario” sarà obbligatoriamente pubblica (ma se non si vuole condividerla, si può sempre eliminarla suggerisce la nota).
Per quanto riguarda invece la pubblicità, cioè quegli ads, o advertisements, presenti a destra sulla home, Facebook condividerà “le tue informazioni dopo averle ripulite di qualsiasi elemento che ti identifica personalmente o dopo averle combinate con altre informazioni, in modo che non ti identifichino più personalmente.” Ciò è un gran passaggio per Facebook, perché consente una maggior personalizzazione delle pubblicità per gli utenti e quindi aumenti di denaro dato dalle aziende o dagli inserzionisti a Zuckerberg. Ma non c’è nessuna autorizzazione nostra in tutto ciò, perché le informazioni come i “mi piace” non sono considerate come identificanti personalmente. Le pubblicità saranno quindi sempre più “nostre”: l’obiettivo è di capire cosa ci piace per farci comprare ciò che vogliamo. Ad esempio, anche se non siamo fan di una determinata marca di auto, ma in un commento l’abbiamo menzionata, Facebook ci metterà automaticamente nel registro dei “possibili acquirenti di auto”, cosicché la prossima volta che accederemo al sito vedremo l’ads di una marca di auto, cosa che non era presente nel vecchio documento. In definitiva Facebook già usa le nostre informazioni a scopo commerciale: con la nuova normativa questo processo aumenterebbe a dismisura.
Come già detto, però, Mark Zuckerberg non si è certo speso per la pubblicità: per mesi ci hanno tartassato con l’inserto della nuova timeline, sia sulla schermata del login sia sulla home, e poi anche sul profilo, ma ora che è in gioco il futuro del social network, e soprattutto tanti soldi, il referendum è passato ben sotto il secondo piano. Allora perché istituire una votazione internazionale per poi nascondere tutto in uno sgabuzzino? Perché fare un referendum, che non è chiaro, a meno di non voler evitare ore di studio sui documenti? Perché se la votazione, che chiaramente non raggiungerà il quorum, avrà solo carattere consultivo, Zuckerberg potrà avere un’ottima scusante per eventuali cause legali future, del tipo: «ma io avevo chiesto a tutti…»
Questo è il link che porta alla piattaforma per la votazione.
Pingback: Facebook: niente più diritto al voto sulle sue normative, cambiano ancora le policies « Giornale Il Referendum()