Privacy: negli USA c’è PRISM, il programma del Governo che controlla gli utenti online
di Andrea Gentili
Facebook, Google, Microsoft, Apple, Aol, Yahoo, Skype, Youtube, PalTalk: sono questi le sei compagnie della Silicon Valley che dal 2007 avrebbero aderito una dopo l’altra al programma di intelligence statunitense, denominato PRISM. Un ampio accordo bilaterale tra l’NSA (la National Security Agency) e tutte le principale aziende informatiche statunitensi, per monitorare i dati degli utenti online. Creato dall’ultima amministrazione Bush poco prima della successione di Obama, il PRISM è un programma di sorveglianza e sicurezza, diretto a “sospetti” che vivono fuori dal confine degli Stati Uniti, e a quei cittadini statunitensi la cui comunicazione sul web include anche conversazioni con persone al di fuori degli Stati Uniti. Il piano PRISM costerebbe circa 20 milioni di dollari l’anno, ma per attrarre le compagnie del web a collaborare, l’NSA offrirebbe l’immunità a quelle compagnie private che decidono di collaborare volontariamente.
Ma sul tavolo si gioca tutto sulle carte che i colossi di Internet riescono a offrire: email, videochat, fotografie, video, podcast, cronologia delle ricerche, logins. Ogni singolo click e ogni singolo commento viene registrato e poi dato al Governo. Tutto nel rispetto della legge, quel FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act) che prevede la possibilità di controllare i dati delle persone sospette fuori dagli Stati Uniti, anche quelli online, e che aveva fatto tanto discutere.
Il segreto è esploso quando pochi giorni fa il Guardian e il Washington Post sono entrati in possesso di un documento, una presentazione slide di 41 pagine di cui è stata accertata l’autenticità, che spiega il funzionamento del piano PRISM, e di come questo progetto si sia evoluto nel corso di questi ultimi 6 anni. Il fatto curioso è la resa del direttore della National Intelligence, James Clapper che conferma di fatto l’esistenza del PRISM: «le informazioni raccolte con questo programma sono tra le più importanti e preziose che abbiamo in campo di intelligence estera, e sono usate per proteggere la nostra nazione da una grande varietà di minacce. La rivelazione non autorizzata di queste informazioni è vergognosa e mette a serio pericolo la sicurezza degli americani», aggiungendo poi che le slide possedute dal Guardian e dal Washington Post contengono molte informazioni sbagliate, ma non specificando quali. Il diffondersi della notizia ha messo in allarme le compagnie che sarebbero coinvolte: non una ha confermato il suo coinvolgimento nel PRISM, e anzi alcune di loro hanno affermato di non averne neanche «mai sentito parlare».
Il primo a esporsi è stato Larry Page, amministratore delegato di Google che dopo aver parlato con il Washington Post, ha scritto un post, intitolato “What the…?” sul suo blog: “innanzitutto non abbiamo mai fatto parte di nessun programma che dia accesso diretto al Governo statunitense – o a qualsiasi altro Governo – ai nostri server. Infatti il Governo non ha accesso diretto, ma nemmeno tramite una “porta sul retro” alle informazioni presenti nei nostri database. Non abbiamo mai sentito parlare del programma PRISM fino a ieri» scrive.
Ieri sera invece è stato il turno di Mark Zuckerberg, fondatore e amministratore delegato di Facebook, che in uno stato sul suo social network ha dichiarato: «Facebook non è, e non è mai stato parte di alcun programma che dia agli Stati Uniti o a qualsiasi altro governo accesso diretto ai nostri server. Non abbiamo mai ricevuto richieste o ordinanze del tribunale da alcuna agenzia governativa di informazioni o dati. E se pure le avessimo ricevute, le avremmo respinte con forza. Quando i governi ci chiedono dei dati esaminiamo attentamente le richieste per assicurarci che seguano sempre le procedure corrette nel rispetto delle leggi. Solo allora noi procuriamo le informazioni sempre in linea con la legge».
Anche Apple nega ogni coinvolgimento, affermando di non avere mai sentito parlare del PRISM. Secondo il documento in mano al Washington Post e al Guardian, il 98% dei dati raccolti tramite il PRISM si basa su Yahoo, Google e Microsoft, che sarebbe stata la prima ad aderire nel 2007. Nel 2012 si sarebbe registrato invece un aumento del 248% dei dati raccolti dalle comunicazioni in Skype, il +131% dei dati Facebook, e il +63% dei dati in Google.
Sempre nel documento si parla di un possibile coinvolgimento in futuro nel programma PRISM anche di Dropbox.