Hong Kong ricorda il passaggio alla Cina e spinge per una maggiore democrazia
di Alberto Bellotto (@albertobellotto)
Secondo gli organizzatori hanno sfilato oltre 500 mila persone. Anche quest’anno si è tenuta ad Hong Kong la “marcia per la democrazia” che ricorda il passaggio della città dalla Gran Bretagna alla Cina. Gli abitanti dell’ex-colonia britannica, come ogni anno dal 1997, hanno sfilato per le vie della città mostrando ancora una volta la voglia di una maggiore democrazia e autonomia, anche alla luce del referendum consultivo promosso dal gruppo Occupy Central.
La dominazione britannica ad Hong Kong iniziò nel 1842 attraverso il trattato di Nanchino e venne poi rettificata diverse volte negli anni: con il trattato di Pechino del 1860 e la convenzione del 1898. In particolare quest’ultimo accordo prevedeva un diritto di sfruttamento dell’area per 99 anni. Tra il 1982 e il 1984, dopo una serie di serratissimi incontri, le delegazioni di Cina e Gran Bretagna, guidate dal primo ministro inglese Margaret Thatcher e dal presidente della Repubblica popolare Deng Xiaoping, trovarono l’accordo per il passaggio delle consegne. Hong Kong avrebbe mantenuto un grado di autonomia maggiore rispetto al resto della Cina, inaugurando la dottrina conosciuta come “un paese, due sistemi”.
Dal 1997, ogni anno, gli abitanti di Hong Kong scendono in piazza per ribadire il loro desiderio di autonomia. Secondo gli organizzatori, l’edizione di quest’anno si è avvicinata molto a quella del 2003, una delle più numerose di sempre. I 500 mila partecipanti, hanno costretto la polizia a mobilitare oltre 4.000 agenti per accompagnare la marcia da Victoria park a Chater Road.
Nel corso della giornata la manifestazione si è svolta senza particolari incidenti. I manifestanti hanno marciato al grido ‹‹noi scegliamo il nostro governo, noi salveremo la nostra Hong Kong››. Nel corso della sfilata sono apparse anche bandiere velatamente provocatorie, come quella coloniale inglese e quella tibetana.
British colonial flags, Union Jacks, and the Free Tibet flag all flying at #HongKong #july1 march pic.twitter.com/WEunisO6Fp
— tw|tterton (@SarahTitterton) July 1, 2014
Accanto alla manifestazione diverse organizzazioni studentesche, tra le quali la federazione degli studenti di Hong Kong, hanno dichiarato di voler effettuare un’occupazione simbolica e non violenta del Central business district. Tra di loro due rappresentanti degli studenti si sono detti pronti a sfidare direttamente le autorità: Joshua Wong, studente di 17 anni ha detto: ‹‹siamo pronti a far fronte ad ogni conseguenza legale›› e Alex Chow, segretario federale della federazione degli studenti ha detto che ‹‹tutti gli attivisti sono pronti ad essere arrestati››.
Veduta aerea di Causeway Bay
La ricorrenza di quest’anno però ha un significato diverso e più profondo: porta con sé le rivendicazioni democratiche del movimento Occupy Central. Domenica 29 giugno si è conclusa una lunga consultazione referendaria per decidere il futuro amministrativo della città.
Attualmente infatti gli abitanti di Hong Kong non possono decidere in alcun modo la guida della regione: secondo gli accordi GB-Cina l’area viene amministrata da un governatore nominato direttamente dal governo centrale. Pechino nel 2007 ha approvato una bozza di riforma, una sorta di libro bianco, che prevede per il 2017 un passaggio ad un nuovo sistema. Le nuove modalità di consultazione prevedono che i cittadini possano votare alle elezioni locali scegliendo tra 1200 candidati indicati da una commissione speciale nominata dal Congresso nazionale. I membri di Occupy Central hanno invece proposto una votazione per decidere in modo autonomo le modalità di voto. Il referendum permetteva di scegliere tre diverse forme di voto proposte da tre distinte organizzazioni: “Alleanza per la vera democrazia”, ” Unione degli Studenti” e ”Potere del Popolo”. Stando al comitato referendario hanno votato quasi 800 mila persone, sui 3.5 milioni di aventi diritto, consegnando la vittoria alla proposta dell’Alleanza per la vera democrazia con il 42,1% di voti. La proposta prevede che i candidati debbano avere il sostegno di 35 mila persone e allo stesso tempo concede al governo di Pechino di presentare dei potenziali candidati che concorrano con gli autonomi.
Veduta notturna di Causeway Bay
Secondo Chen Jianmin, professore di sociologia dell’Università di Hong Kong e co-fondatore di Occupy Central, gli esiti del referendum sono stati ‹‹davvero inaspettati ma un segnale davvero incoraggiante››. Il comitato referendario infatti si aspettava un’affluenza intorno alle 150-200 mila persone. Per Jianmin l’alto numero dei votanti deriva dal fatto che ‹‹le persone sentono sempre di più che la loro autonomia è minacciata da Pechino e per questo – conclude il professore – hanno deciso di fare sentire la propria voce››.
Il governo di Pechino, dal canto suo, ha fatto sapere tramite Zhang Xiaoming, direttore dell’Ufficio per i contatti con Hong Kong, che il governo centrale rispetta ‹‹il diritto dei cittadini di Hong Kong di esprimere le proprie opinioni, ma non esistono basi giuridiche di tipo costituzionale per attuare alcuna forma››. Il governo ha chiuso ogni rivendicazione democratica definendo la consultazione ‹‹illegale e non valida››.
Foto a lato: altra inquadratura di Causeway Bay