Somalia: uno scenario incerto tra nuovi attentati e una difficile transizione democratica
di Alberto Bellotto

Somalia
Nuove esplosioni e nuovi morti si frappongono tra la Somalia e la tanto agognata Costituzione. Nei giorni scorsi le milizie del gruppo Al Shabaab sono tornate a colpire obiettivi sensibili nel martoriato paese del Corno d’Africa. Secondo quanto riportato dal governatore della regione di Ghedo, nella mattinata di ieri le forze governative in collaborazione con le forze kenyane hanno ucciso in uno scontro armato 26 miliziani. I combattimenti fanno parte della vasta offensiva che Al Shabaab ha lanciato nel sud del Paese allo scopo di riprendere il controllo della città di Yurkud. Accanto alle azioni militari del gruppo estremista il Paese continua ad essere colpito da una serie di attentati. Nella notte tra il 28 e 29 luglio, nella capitale Mogadiscio, persone non identificate hanno lanciato diverse bombe a mano contro una base militare causando la morte di due civili e il ferimento di sette soldati.
Sempre nella giornata di sabato quattro soldati sono rimati uccisi a causa di due esplosioni che hanno colpito la città di Baidoa, a nord della capitale. Gli scontri e i nuovi attentati hanno costretto allo stop di un giorno i lavori dell’Assemblea Costituente. A Mogadiscio, infatti, è in corso da mercoledì scorso la riunione dell’Assemblea Nazionale Costituente con il compito di esaminare e ratificare la nuova Costituzione. La riunione, composta da 825 delegati, nominati dai leader delle tribù somale e dai gruppi della società civile, è assistita dal Presidente Sharif Sheikh Ahmed, dal Primo Ministro Abdiweli Mohamed Ali e dal Presidente del Parlamento Sheikh Sharif Hassan Aadan. Accanto alle autorità del Paese africano sono presenti anche i rappresentati dell’Onu, della Lega Araba e dell’Unione Africana. Orfana dei delegati del Somaliland, l’Assemblea avrà il ruolo di ampliare e migliorare la bozza della Carta costituzionale, già approvata il 22 giugno scorso, il cui testo definitivo dovrà essere confermato tramite un referendum.
Attualmente i punti chiave su cui verte la bozza riguardano la forte impronta federale dello Stato e l’introduzione delle quote rosa in Parlamento con l’obbligo di avere almeno il 30 per cento di deputati donna. Il lavoro dell’Assemblea Costituente si inserisce nella complessa transizione che il Paese sta vivendo dal 2004, anno della tregua tra le 26 fazioni che si contendevano il potere dopo la deposizione di Siad Barre avvenuta nel 1991. Il passaggio successivo all’approvazione della Costituzione prevede la nomina di un nuovo Parlamento eletto tramite i leader anziani e il Comitato Elettorale. Il Parlamento avrà poi il compito di scegliere il suo Presidente e il Capo di Stato. L’intero processo dovrà avvenire entro il 20 agosto di quest’anno, giorno nel quale la Somalia sarà obbligata a sostituire il Governo Federale transitorio e le sue istituzioni, che vedranno scadere il loro mandato dopo oltre otto anni di attività.
La difficile transizione democratica si inserisce in un quadro geopolitico molto incerto. Pur con una forte impronta federale, il nuovo governo avrà non poche difficoltà a conciliare gli interessi dei vari stati, soprattutto di Somaliland e Puntland. Allo stesso tempo il governo di Mogadiscio dovrà far fronte alla nuova controffensiva che Al Shabaab sta lanciando nel sud del Paese: il gruppo islamico, dopo aver perso i centri di Laanta Buuro, Hudur, Baidoa e Beledweynw, ha trasformato i suoi attacchi in azioni di guerriglia cercando di colpire gli obiettivi sensibili dell’esercito somalo e delle truppe dell’AMISOM, il contingente militare dell’Unione Africana presente in Somalia. Come se non bastassero questi problemi, il neonato governo dovrà guardarsi bene dai paesi vicini. L’Uganda, che compone la fetta maggiore dell’AMISOM(oltre 6mila soldati), guarda con preoccupazione la transizione somala, soprattutto alla luce dei legami di Al Shabaab con alcuni gruppi presenti all’interno del territorio ugandese. Oltre a tutto questo una parte della popolazione somala non vede di buon occhio l’Etiopia. L’ex-colonia italiana, dopo la perdita del territorio eritreo nel 1991, sarebbe secondo molti interessata a separare gli stati somali cercando alleanze per uno sbocco sul mare. Allo stesso tempo il governo di Addis Abeba osserva con molta attenzione l’evolversi della situazione nello stato meridionale somalo del Jubaland. La macroregione al confine con il Kenya potrebbe essere ceduta al governo di Nairobi aprendo un complicato contenzioso tra la Somalia e l’Etiopia sulla questione dell’Ogaden. La regione a sud-est dello Stato etiope è a forte presenza somala e nel corso degli anni ’70 è stata il teatro di una feroce guerra tra i due Paesi, poi vinta dalle truppe etiopi.

Aiuti umanitari in tutto il Corno d’Africa
A questa complicata situazione si aggiunge la forte carestia che da due anni flagella il Corno d’Africa con 1milione e 350mila profughi interni e altri 627mila distribuiti nei campi dei paesi confinanti, soprattutto nel centro keniano di Dadaab. Secondo la direzione regionale dell’Unicef per l’Africa orientale, le precipitazioni tra marzo e maggio non sono state sufficienti ad arginare il problema. Gli aiuti umanitari hanno solo tamponato l’emergenza ma la corruzione diffusa e la presenza di gruppi armati non hanno permesso una corretta distribuzione dei generi di prima necessità.
Nonostante lo scenario disastroso il Paese inizia ad intravedere timidi segni di ripresa, soprattutto nelle regioni del nord. Accanto ad un rapido sviluppo del settore delle telecomunicazioni e dei servizi finanziari, lo Stato del Puntland ha ripreso a trivellare e a estrarre petrolio. Il governo transitorio, nel corso della conferenza di Londra sulla Somalia tenuta a febbraio, ha promesso che i proventi della vendita del greggio verranno utilizzati per l’acquisto di generi di prima necessità. Resta solo da stabilire se il prossimo governo somalo in mezzo a tutte le difficoltà riuscirà a mantenere questa promessa.