La Chiesa pagherà l’IMU: cosa cambia con il nuovo emendamento del Professor Monti
di Andrea Gentili
La Chiesa pagherà l’IMU, cioè la nuova ICI. La Commissione Industria del Senato ha presentato venerdì l’emendamento che elimina l’esenzione dell’imposta municipale unica alla Chiesa Cattolica e a tutti gli enti commerciali, tra i quali anche associazioni e partiti. Il pagamento scatterà il 1 gennaio 2013 per la gioia delle casse italiane: l’introito stimato varia dai 100 milioni di euro in un anno a circa 2 miliardi, perché mancano ancora i dati ufficiali dell’Ufficio dell’Entrate.
L’emendamento prevede che siano sottoposti a tassazione tutti gli immobili all’interno dei quali si svolgano attività commerciali; in particolare i criteri seguiti prevedono l’esenzione per gli immobili nei quali si preveda un’attività esclusivamente non commerciale, mentre per quegli immobili dove l’attività commerciale non sia esclusiva, ma comunque prevalente, verranno abrogate tutte le norme che volevano l’esenzione dal pagamento dell’IMU.
Dubbiosa ancora la situazione per le scuole paritarie: il Governo non ha specificato cosa è in serbo per loro, pagheranno l’IMU o no? Gaetano Quagliarello, vicepresidente del PDL al Senato, vuole un chiarimento e si dichiara pronto a chiedere al Governo in Commissione Industria al Senato una interpretazione autentica dell’emendamento. Anche Lupi (PDL) è dello stesso avviso: « Il governo dica se asili nido e scuole parificate devono pagare la nuova IMU o no. È urgente un intervento chiarificatore sull’emendamento presentato adesso dal governo al decreto liberalizzazioni». E i Salesiani inorridiscono: in una nota ufficiale, l’ordine fondato da Don Bosco, che gestisce 140 scuole in Italia, afferma «Per quanto riguarda l’eventuale applicazione dell’ICI alle scuole paritarie, i Salesiani d’Italia ribadiscono che questa non sarebbe giusta nè equa.» Il provvedimento sarebbe in contrasto con le leggi che prevedono che le scuole non statali “hanno i medesimi doveri e diritti delle scuole statali, poichè svolgono un servizio pubblico e concorrono ai medesimi fini”. Quindi, «non possono essere considerate commerciali quelle attività che erogano un servizio che ha rilievo pubblico, destinato all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione». In più il dibattito sul profit e non profit si acuisce: la legge italiana definisce commerciali le attività con prestazioni di servizi fatte in maniera organizzata per le quali si paghi un corrispettivo. Ma una scuola, un ospedale, una struttura ricettiva, per legge, non possono essere fatte che in maniera organizzata e dietro pagamento di un corrispettivo. Quindi questo vorrebbe dire che gli ospedali e le scuole (anche paritarie?) devono pagare. Ma cosa cambia effettivamente nella normativa? Vediamo nel concreto chi prima non pagava e ora paga:
- Oratorio parrocchiale che affitta all’esterno i campi di calcio
Prima: paga l’IMU perché l’affitto delle strutture non è considerato «attività sportiva».
Dopo: paga l’IMU. - Scuola materna parrocchiale
Prima: non paga, perché rientra tra le «attività didattiche». Ma la condizione è che sia una scuola «paritaria», che non discrimi nell’accesso e che reinvesta gli eventuali utili nell’attività didattica.
Dopo: questione ancora da risolvere. - Negozio che vende rosari e altri oggetti religiosi a fianco di un santuario
Prima: deve pagare, perché la vendita di oggettistica non rientra nelle otto attività previste dalla legge per l’esenzione.
Dopo: deve pagare. - Locali mensa per i poveri e dormitori gestiti da un’opera religiosa
Prima: non devono pagare, perché le attività assistenziali sono esenti, a condizione che le prestazioni fornite siano gratuite o pagate con compenso simbolico.
Dopo: dovrebbero pagare, perché non sono attività riservate al culto e gestite da privati.
- Appartamento di proprietà di una parrocchia dato GRATUITAMENTE a famiglia bisognosa
Prima: deve pagare, perché l’affitto di immobili non rientra tra le attività esenti.
Dopo: deve pagare. - Locali del bar dell’oratorio
Prima: devono pagare l’Ici, perché la somministrazione di bevande non rientra tra le attività esenti.
Dopo: devono pagare. - Locale libreria inserito in una struttura di un ente ecclesiastico
Prima: deve pagare l’Ici, in quanto la vendita di libri non è attività esente.
Dopo: deve pagare - Cinema con proiezioni aperte a tutta la città
Prima: Non deve pagare, in quanto attività culturale, ma a condizione che proietti solo film di interesse culturale, d’essai, d’archivio, o film con attestato di qualità.
Dopo: devono pagare in quanto immobili non riservati al culto e attività commerciali. - Teatro parrocchiale
Prima: non deve pagare, ma solo a condizione che si avvalga esclusivamente di compagnie amatoriali.
Dopo: deve pagare, perché il teatro non è luogo di culto, e ha fini prevalentemente commerciali. - Ospedale gestito da congregazione
Prima: non deve pagare, in quanto attività sanitaria, ma solo a condizione che la struttura sia accreditata dal servizio sanitario nazionale.
Dopo: deve pagare in quanto luogo non di culto, e attività commerciale, in quanto attività organizzata per la quale si paga un corrispettivo. - Clinica privata gestita da congregazione religiosa
Prima: deve pagare.
Dopo: deve pagare. - Albergo gestito da un ordine religioso (e con cappella annessa)
Prima: deve pagare, in quanto gli alberghi non sono esenti. Non paga solo se è una casa di accoglienza per soggetti predefiniti (es: per parenti dei malati), e a condizione che le rette siano inferiori ai prezzi di mercato.
Dopo: dovrebbe pagare in ogni caso, perché non è un luogo di culto, tranne per la cappella. Quindi la cappella non pagherebbe ma il resto dell’albergo sì.
È chiaro quindi che l’emendamento ha sicuramente bisogno di un correttivo o di una spiegazione perché troppe sono le situazioni in bilico, dubbiose. Perché tra la definizione di “modalità non commerciale” di cui si parla nell’emendamento e quella di “attività non commerciale” contenuta nel comunicato del governo e nella lettera inviata alla Commissione europea c’è un’incongruenza. Ma la questione è di ardua comprensione anche per i tecnici e per gli stessi preti: nelle sale parrocchiali si fa catechismo, ma non solo. Possono essere utilizzate anche dal Comune stesso per riunioni e assemblee pubbliche: e allora l’affitto per quelle serate chi dovrebbe pagarlo? Perché pagare per un servizio (il catechismo) che di fatto quella serata non viene dato?