A Bologna la XX Giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie
di Giulia Mazzetto
Bologna – «Su corruzione e falso in bilancio occorrono leggi più determinate, corruzione e mafia sono due facce della stessa medaglia, lo dicono qui migliaia di giovani», queste sono state le dichiarazioni di Don Ciotti alla XX Giornata Nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di tutte le mafie, dove 800 magistrati, giornalisti, forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici, amministratori locali o semplici cittadini, sono stati ricordati da duecentomila persone in Piazza VIII Agosto.
Si parla di donne e uomini coraggiosi, consapevoli di mettere a rischio la propria incolumità rifiutando il compromesso morale che puzza di mafia, ma che hanno scelto di rimanere fedeli alla loro dignità di persone libere e oneste. Sono i magistrati e gli appartenenti alle forze dell’ordine tragicamente decimati fino ai primi anni ’90; sono gli imprenditori, i commercianti e gli amministratori locali che si sono fieramente rifiutati di pagare il pizzo o di sottomettersi a logiche e scambi illeciti.
Ma sono anche, spesso meno ricordati dalle cronache ma non per questo meno importanti, quei comuni cittadini che si sono ritrovati, loro malgrado, casualmente nel mezzo della brutale violenza della criminalità mafiosa, come Giuseppe Mizzi, vittima inconsapevole di un tragico scambio di persona, da poco ricordato a Carbonara, comune limitrofo alla provincia barese, freddato il 16 marzo di quattro anni fa da due sicari al soldo di una cosca locale mentre tornava a casa dopo una giornata di lavoro. E oltre a lui sono ben 155 le persone uccise perché trovatesi all’interno di un conflitto a fuoco o perché scambiate per qualcun altro.
Come ha ribadito il Presidente di Libera Don Ciotti in una recente intervista, è importante specificare che la violenza colpisce indistintamente, e che il presunto riguardo, spesso addirittura qualificato come codice d’onore, della criminalità mafiosa nei confronti dei più piccoli è assolutamente senza fondamento: le vittime conteggiate tra i giovani e i bambini toccano infatti quota 83.
Ma non solo. Quest’anno la scelta della città di Bologna non è stata casuale: ricorre infatti il 35esimo anniversario sia dell’attentato terroristico perpetrato il 2 agosto 1980 alla stazione del capoluogo emiliano, sia della mai ben chiarita strage di Ustica avvenuta il 27 giugno dello stesso anno, i cui elenchi di vittime innocenti si sono uniti alla lunga lista di quelle della criminalità organizzata, e a quelle della carneficina del Rapido 904 del 23 dicembre 1984, in un ideale grido di dolore e richiesta di verità. Difatti, le statistiche sono impietose: oltre il 70% delle vittime delle mafie e delle stragi che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’anni del nostro Paese non ha ricevuto giustizia e il diritto alla verità da parte dei loro familiari è a tutt’oggi negato.
Per far volare più in alto questa teoricamente scontata richiesta di verità, la giornata di Bologna è stata arricchita anche da un tocco internazionale, accogliendo una nutrita delegazione di Libera Francia che con alcuni studenti di un liceo parigino sta portando avanti un percorso di approfondimento sulla necessità dell’attività antimafia, e la testimonianza di Libera Bruxelles, che ha posto l’accento sulla portata internazionale e transnazionale del fenomeno mafioso e sulla conseguente esigenza di un’adeguata cooperazione nel fronteggiarlo.
Don Ciotti lo ricorda: «Le mafie sono tornate molto, molto forti in questo momento di crisi economica e finanziaria. Hanno tanto denaro che riciclano, investono e trovano le complicità di chi gli permette di fare tutto questo. Le mafie abitano in mezzo a noi, sono tra di noi. Ci sono troppi cittadini a intermittenza, c’è troppa superficialità, c’è troppa delega e c’è anche rassegnazione. Pensiamo che il problema riguardi sempre gli altri.»
La giornata di oggi invita così ad una seria riflessione tutti quelli che ostentano indifferenza perché più facile, quelli che preferiscono voltarsi dall’altra parte perché tanto la mafia è un problema che non li riguarda, per ribadire a gran voce che la criminalità organizzata continua ad uccidere, anche se sembra silente e che l’impegno del singolo può fare la differenza perché la comunità sociale diventi sempre più forte e impermeabile al malaffare, gridando compatta che “la mafia è una montagna di merda”.
Il commento sulla Giornata di Antonio Monachetti, referente provinciale di Libera Bologna
Il contrasto alle mafie, alla loro sopraffazione ed occupazione del territorio necessita di una risposta sistemica capace di tenere insieme repressione e prevenzione. È necessario quindi investire da una parte in diritti, welfare, istruzione e lavoro e dall’altro migliorare le norme che possono arginare il dilagare del fenomeno e migliorarne l’aggressione: falso in bilancio, corruzione, prescrizione, gestione e riutilizzo dei beni confiscati. Nonostante di tali provvedimenti si discuta ormai da tempo, la percezione è che su questi temi si giochino mediazioni e contrattazioni incomprensibili. Per questo il nostro grido dal palco di Bologna. Nonostante i passi in avanti, ci vuole un’accelerazione e più coraggio da parte di tutti. In primo luogo da parte della politica.
Un’incredibile opportunità è offerta dai beni confiscati, testimonianza della supremazia dello Stato sulle organizzazioni mafiose che, per effetto dell’aggressione patrimoniale, sono costrette a restituire il maltolto. I troppi beni, quasi la metà, ancora da destinare, però, ci spinge a fare di più. Affinché, infatti, si possa giungere ad un pieno e rapido utilizzo occorre rendere efficace l’attività dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati con risorse e personale. Per i beni destinati sarebbero inoltre necessari capitoli di bilancio, anche attraverso fondi di programmazione europei, capaci di sostenere politiche di riutilizzo a fini sociali. Per questo Libera ha deciso di lanciare la campagna Libera il welfare. Visto l’enorme patrimonio immobiliare confiscato, dobbiamo trovare il modo di farlo rivivere soprattutto a beneficio dei più bisognosi e delle comunità locali.