Perez., fuga e discesa nell’oscurità di un avvocato qualunque
di Chiara Gagliardi
«Demetrio Perez!». Con questo grido disperato, il protagonista del film si impone già dai primi minuti all’attenzione del pubblico. Eppure lui, Demetrio Perez, di speciale non ha proprio nulla. Poteva essere un grande avvocato, ma la paura lo ha sempre fermato, spingendolo a cause perse per difendere i cosiddetti «indifendibili». Poteva avere un matrimonio da sogno, ma se lo è lasciato sfuggire tra le dita; l’unico sentimento potente che prova è l’amore verso la figlia Tea. Con un film che si preannuncia potente ma che purtroppo non riesce a mantenere la stessa tensione emotiva fino in fondo, il quarantenne Edoardo De Angelis è approdato alla 71ma mostra del cinema di Venezia con Perez., presentato nella categoria «Fuori concorso» nell’ultimo giorno di festival. Il noir, più avvincente che mai all’inizio ma un po’ sfumato nelle sue conclusioni, può contare sulla presenza di un ottimo Luca Zingaretti, che interpreta in maniera molto intensa il protagonista e il turbine di angoscia in cui rimane invischiato suo malgrado.
Demetrio Perez è un uomo qualunque e nella vita non è riuscito a combinare niente di speciale. Avvocato d’ufficio, si occupa (spesso senza successo) di difendere criminali e camorristi, cercando di evitare le emozioni forti e la pienezza dell’esistenza per trovare rifugio dall’infelicità. Tuttavia, il «tran-tran» quotidiano di Perez viene sconvolto da due avvenimenti che accadono quasi contemporaneamente: l’avvocato viene bruscamente a sapere che la figlia si è innamorata di un camorrista, Francesco Corvino, considerato da tutti molto pericoloso. Insieme alla batosta, la proposta di un «capo» assistito dall’avvocato: se Perez riuscirà a recuperare una partita di diamanti nascosta nella pancia di un toro, il criminale si libererà di Corvino, restituendo a padre e figlia la loro precedente esistenza. Ma, una volta accettato, non c’è modo di tornare indietro, e Perez se ne renderà ben presto conto: Demetrio e Tea vengono trascinati in una spirale di paura da cui riusciranno a fuggire solo attraverso l’uso della violenza, in cui nessuno è ciò che sembra e tutto rivela un lato inaspettato.
Il film ha ricevuto tiepidi applausi a Venezia, forse a causa di un pubblico stanco dopo dieci giorni di mostra e più di quaranta film; De Angelis porta sullo schermo riflessioni estremamente interessanti, ma verso la fine si ha la sensazione di guardare uno dei film che la sera passano su Rai Uno, una pellicola da televisione e non da grande schermo. Il punto di partenza della «discesa agli inferi» di Zingaretti-Perez è però ottimo: vale davvero la pena di vivere «trattenendosi» per paura degli insuccessi? Vale la pena di essere salvi, pagando il prezzo di un’esistenza mediocre, oppure è meglio prendere posizione, se necessario anche sporcandosi le mani con la violenza? Il regista non fornisce una risposta a questo difficile interrogativo, che attanaglia l’uomo medio: nel lato oscuro di Demetrio Perez non c’è redenzione, anche se Tea si salverà solo grazie alle sue azioni. La violenza non è sempre catarsi, ma talvolta può essere necessaria: e allora come porsi nei suoi confronti? All’interrogativo di Perez non c’è risposta, e come sempre l’uomo si avvia verso la soluzione che gli consente di ottenere ciò che vuole. Anche se questo implica un cambiamento radicale della propria essenza.
@chia0208