“Passi bianchi e silenziosi”, la voce di chi vive tutti i giorni un Opg al femminile
di Maria Pozzato
Opg. Ospedale psichiatrico giudiziario. C’è molta confusione sulla natura di questa struttura: non tutti sanno con esattezza che cosa sia, né tanto meno come funzioni. In questo panorama di ambiguità si fa strada una voce, quella di Anita Ledinski, operatrice socio sanitaria che, grazie alla professionalità e alla sensibilità della giornalista freelance Francesca Gardenato, ha messo nero su bianco la realtà del reparto “Arcobaleno” dell’Opg di Castiglione delle Stiviere, unica realtà femminile in Italia che accoglie donne che hanno commesso un reato ma che per la loro incapacità di intendere e di volere non possono essere detenute all’interno di una struttura carceraria. Dall’amicizia tra le due autrici è nato “Passi bianchi e silenziosi”, un libro testimonianza che si addentra nel cuore dell’Opg di Castiglione per conoscerne il funzionamento, le difficoltà e le sfide quotidiane con il punto di vista interno, coinvolto, di una oss che crede nel proprio lavoro.
Sabato 19 luglio presso il Castello Scaligero di Valeggio sul Mincio, le due autrici si sono ritrovate per presentare il loro lavoro a quattro mani nell’ambito di “Sentieri interrotti, percorsi di donne nella malattia mentale, storie di solitudini, emarginazione, silenzi e redenzione dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere”, evento organizzato appositamente dall’associazione culturale “Alla Radice”, con il patrocinio del Comune di Valeggio sul Mincio, e la collaborazione della Biblioteca comunale e della Pro loco di Valeggio.
- Gli Opg: strutture e novità
L’Opg è una misura di sicurezza detentiva, prevista per tutti i soggetti non imputabili affetti da infermità mentale. Attualmente in Italia ci sono sei strutture: Reggio Emilia, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere, Monte Lupo Fiorentino. Nel 2010, nel corso dei sopraluoghi ai sei Opg da parte della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, sono state rilevate condizioni disumane in palese contrasto con i diritti costituzionali, ragion per cui nel luglio 2011 sono stati chiusi alcuni reparti di Monte Lupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto. Nel gennaio del 2012 nel decreto svuota carceri è stato inserito un emendamento della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, stabilendo il superamento degli Opg entro il 31 marzo 2013. Il 14 febbraio del 2012 il decreto diventa legge. Per effetto della legge 81/2014, testo coordinato con decreto legge 52/2014, la chiusura è stata prorogata al 31 marzo 2015. Gli Opg verranno convertiti in “microcomunità”, i pazienti saranno così trasferiti in diverse unità sanitarie.
- La testimonianza di Castiglione delle Stiviere
Tra i 6 Opg in Italia, solo quello di Castiglione delle Stiviere contiene un reparto esclusivamente dedicato alle donne. Come negli Ospedali ordinari, anche negli Opg ci sono medici, infermieri e oss, che si occupano della salute dei pazienti. Proprio l’ultima figura professionale, l’operatore socio-sanitario, è la meno conosciuta e, in alcuni casi, quella che più delle altre viene data per scontata. L’oss si occupa della cura del paziente, sia mentale che fisica, e lo assiste 24 ore su 24. Nell’Opg di Castiglione gli operatori socio sanitari sono fondamentali, non solo perché diventano le uniche persone care che i pazienti possono avere accanto ma anche perché si tratta dell’unica struttura in Italia dove non sono previste guardie o polizia penitenziaria. Nonostante la loro importanza, gli oss non sono tutelati dallo Stato, non hanno assicurazione né indennità di rischio e il fatto di operare in un luogo per “malati di mente” giustifica eventuali incidenti.
Al di là delle percosse e gli attacchi fisici che gli oss devono incassare, rischiando anche di finire in infortunio, come è capitato alla stessa Anita Ledinski più di una volta, questi operatori devono sopportare il dolore psichico. Gli oss sono persone in carne ed ossa, con una vita, magari una famiglia e personali problemi quotidiani. Andare a lavoro ogni giorno in un Opg e pensare di lasciare la propria vita alle spalle non è molto semplice, come ha raccontato Anita Ledinski. A volte capita che un insulto da parte di un paziente risulti particolarmente difficile da digerire e la cosa più difficile del mestiere è ingoiare il rospo e continuare a lavorare.
Nell’Opg di Castilgione delle Stiviere ci sono circa ottanta donne, per lo più figlicide o neonaticide, ma anche donne che hanno ucciso amiche che cercavano di aiutarle in situazioni difficili o che hanno consumato la propria vendetta contro i mariti. Per Anita Ledinski, è importante andare oltre il fatto che si ha a che fare con assassine, trattando le pazienti come persone bisognose di attenzioni. A differenza degli uomini, le donne negli Opg hanno bisogno di ascolto per ritrovare se stesse. Ecco perché si cerca di dare loro la possibilità di riabilitarsi, attraverso attività fisica, sport, laboratori che le tengano impegnate il più possibile e con piccoli lavoretti all’interno della struttura per guadagnare qualcosa da cui ripartire una volta rilasciate dall’Opg.
Non si deve pensare all’Opg come un carcere con celle strette e buie, in cui le persone perdono la loro umanità. Gli Opg sono innanzitutto centri di recupero, in cui le pazienti devono sentirsi trattate come delle persone, con sentimenti e necessità. Certamente ci sono le regole, ma non mancano le libertà. Curioso è lo spazio che viene concesso alle donne per la cura della propria femminilità, come raccontato nel libro. Nell’Opg di Castiglione delle Stiviere, vi è uno spazio “beauty” con tutti i prodotti di bellezza di cui le donne hanno bisogno e che, per motivi di sicurezza, non possono tenere nelle loro stanze. Sempre in una fascia oraria stabilita, le pazienti si ritrovano per truccarsi e farsi belle, aspetto essenziale per mantenere il rapporto con il proprio corpo e la propria quotidianità.
Un aspetto interessante emerso dalla presentazione è stato il tema della sessualità nell’Opg. Le pazienti sono sane fisicamente, quindi le pulsioni sessuali restano indifferenziate. Non possono, però, avere molti contatti con la parte maschile dell’ospedale. Si incontrano nelle pause, ma non c’è spazio per le effusioni, che vengono subito bloccate. Anche quando i mariti o compagni fanno loro visita, non ci possono essere più di abbracci e baci superficiali. Le donne, come gli uomini, sono represse e viaggiano con la loro immaginazione. A volte capita anche che si creino coppie tra reparti femminili perché il desiderio sessuale è così forte da non riuscire a reprimerlo.
Come ha sottolineato più volte Anita Ledinski, le pazienti del reparto non vengono abbandonate. Ci sono educatrici che si recano ogni settimana nella struttura per educarle ad avere cura di sé e della loro vita insieme, convincendole ad abbandonare certe dipendenze. Si cerca di fare loro riscoprire i valori fondamentali delle vita, coinvolgendo anche le operatrici a pensare o fare cose diverse dall’ordinario. Nell’Opg ci sono ad esempio figure come lo psicologo, il dentista, la parrucchiera. Tutte le pazienti hanno a disposizione visite mediche gratuite, tranne ovviamente quelle di chirurgia plastica. Le possibilità sono molteplici perché, come hanno ribadito le autrici, si tratta di una struttura di recupero e le donne devono avere la possibilità di riprendersi. Bisogna stare attenti, in ogni caso, a non considerare l’Opg come un luogo di divertimento e in cui si sta bene. In questi ospedali ci sono persone che convivono con dolore e malattie mentali che hanno stravolto le loro vite. Il rischio di suicidio è sempre molto alto.
Francesca Gardenato ha sottolineato l’importanza del ruolo della famiglia nella prevenzione di possibili atti che possono condurre all’Opg. Spesso, soprattutto al nord c’è la tendenza a far finta di non vedere le problematiche, si ignorano malessere e disagi, complice anche la frenesia della vita. Non si riescono a cogliere i primi indizi di quella che potrebbe diventare una malattia mentale. Negli ospedali, per esempio, dopo il parto le neo mamme vengono trattenute solo qualche giorno, tempo insufficiente per accorgersi se si stia sviluppando la depressione post partum. Al nord, non ci sono reti familiari che consentono un contatto maggiore tra le persone, come accade invece al Sud. La giornalista ha però precisato che si tratta solo di generalizzazioni e che ogni caso è a se stante. È essenziale prestare attenzione ad eventuali campanelli d’allarme e non chiudere gli occhi di fronte alle difficoltà del partner, di un familiare o di un amico.
“Passi Bianchi e silenziosi” è un libro intenso, carico di emozioni e testimonianze forti. Anita Ledinski e Francesca Gardenato sperano che il loro lavoro faccia riflettere, che accompagni le persone ad una maggiore consapevolezza rispetto ad una tematica troppo spesso ignorata. Proprio come gli oss degli Opg, che nelle loro vesti bianche camminano per i corridoi e lavorano silenziosi per il bene dei pazienti, anche la storia raccontata dalle due autrici si muove nella coscienza delle persone, per risvegliarla.