La promessa di Renzi: le civil partnership arrivano in Parlamento
di Vincenzo Lentini
Civil partnership. È questo il nome che Matteo Renzi ha dato alle unioni civili per le coppie gay, anticipando un ddl che sarà presentato e discusso in Parlamento da settembre. Quella di Renzi è una promessa fatta durante la campagna elettorale per le primarie del PD, stravinte lo scorso dicembre dall’ex sindaco di Firenze, diventato così prima segretario del partito e poi, a seguito della convocazione di Napolitano, Presidente del Consiglio.
Fresco della schiacciante vittoria del PD alle recenti europee, Matteo Renzi continua la messa in atto del suo piano di riforme per l’Italia, arrivando a uno dei suoi punti cruciali: la legittimazione dei diritti delle coppie omosessuali. Di matrimonio non se ne parla. Non si può (ancora). Renzi propone così una soluzione alternativa, un compromesso tra chi di “matrimonio gay” proprio non vuol sentirne parlare e chi, da troppo tempo, combatte senza mai fermarsi la dura battaglia dei “diritti per tutti”.
Il Premier parla di un modello “alla tedesca”, per definire in maniera chiara e sbrigativa il tipo di unioni civili che ha intenzione di presentare al Parlamento. Si tratta di un modello nato in Inghilterra – e poi superato dalle nozze gay introdotte da David Cameron – e tuttora adottato in Germania. Secondo il testo del ddl, le coppie omosessuali potranno iscriversi in un registro a loro dedicato presso l’ufficio dello stato civile. Tramite quelle preziose firme, le coppie gay potranno finalmente godere di tutti i diritti (e i doveri) delle coppie eterosessuali: la reversibilità della pensione, il diritto alla successione in caso di morte del partner, la possibilità di assistenza negli ospedali e nelle carceri e l’accesso ai bandi per le case popolari. Resta immutata l’impossibilità per le coppie omosessuali di adottare un bambino, anche se il testo del ddl introduce la “stepchild adoption”, ovvero la possibilità di adottare il figlio naturale del proprio partner, in modo da garantire la continuità relazionale. Questa postilla prevista dal ddl delle unioni civili rappresenterebbe un’importante conquista per la legittimazione delle così dette “famiglie arcobaleno”: in questo modo, infatti, sarebbe finalmente riconosciuto dalla legge il legame che unisce i figli di genitori omosessuali al compagno del padre o alla compagna della madre.
La soluzione avanzata da Renzi non è quella delle nozze gay, bensì un’equiparazione al matrimonio. Le coppie omosessuali, infatti, sarà come se fossero sposate, grazie ad un registro civile creato appositamente per colmare l’enorme lacuna nella sfera dei diritti gay. La risposta del premier data alla comunità LGBT, che al recente Roma Pride ha lanciato l’appello “Matteo, mettici la faccia”.
Il ddl targato PD, che rappresenta la primissima presa di posizione da parte delle istituzioni in materia di diritti civili, è destinato a spaccare a metà non solo la classe politica ma anche l’opinione pubblica, mondo gay compreso. Non tutti, infatti, accettano di buon grado la proposta di Renzi, refrattari ad ogni forma di compromesso, nel nome del “o tutto o niente”. A questi risponde il sottosegretario alle riforme Ivan Scalfarotto, da sempre in prima linea per i diritti gay, che commenta: «In un mondo perfetto vorrei che in Italia ci fosse il matrimonio gay, ma preferisco avere le unioni civili subito che il nulla fino a data da destinarsi. Ritengo però che insieme alle unioni civili si debba tornare a discutere dell’omofobia, e che tutti i matrimoni di coppie omosessuali celebrati all’estero siano direttamente registrati in Italia come unioni civili».
E mentre le parti cattoliche e conservatrici di maggioranza e opposizione annunciano battaglia, appoggiate dai movimenti anti-gay e associazioni come La Manif Pour Tous, il PD di Renzi si prepara ad affrontare uno degli scogli più duri della storia dei diritti in Italia. E a noi non resta che aspettare.