Pubblicato il: Ven, Mag 2nd, 2014

Fecondazione eterologa: il Ministero non risponde alle richieste

di Adalgisa Marrocco

Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute.

Circa tremilacinquecento richieste in meno di un mese: sono questi i numeri della fecondazione assistita in Italia da quando, il 9 aprile scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto per la procedura che era stabilito dalla Legge 40.

A rendere noti i dati è la Cecos Italia, associazione che riunisce i maggiori centri di fecondazione medicalmente assistita nel nostro Paese e che, dopo aver condotto un’indagine mirata, ha riscontrato un costante aumento di interesse e bisogno verso il trattamento da parte delle coppie. L’incremento è dovuto innanzitutto alle richieste di ovodonazione da parte di donne la cui fertilità risulta compromessa, oppure da coppie portatrici di malattie genetiche.

Le domande sono molte, ma le risposte languono: il ministero della Salute non ha ancora emanato linee guida circa il trattamento, nonostante gli esperti della Cecos abbiano dato immediata disponibilità all’apertura di un tavolo tecnico.

La mancanza di direttive da parte del dicastero fa in modo che le strutture, pur essendo adibite ad effettuare i trattamenti, non possano procedere autonomamente. I punti da chiarire e da regolamentare sono molti: si va dalle modalità di reclutamento dei donatori fino alla possibilità di utilizzare nei trattamenti i gameti abbandonati nelle banche dei centri.

Il pericolo è che il governo, per fare luce sul da farsi, possa ricorrere ad un estenuante iter parlamentare, capace di ritardare (o vanificare) la possibilità concessa dalla Consulta alle coppie mosse dall’inalienabile diritto ad avere un figlio.

Da parte sua, la Cecos Italia ha tenuto a specificare che, una volta varate le linee guida, assisterà le coppie attraverso l’intero percorso e garantirà l’assoluta conformità delle procedure. Quindi, c’è davvero poca concretezza alla base delle polemiche che equiparerebbero la decisione della Corte Costituzionale ad una legittimazione della “compravendita di gameti”, pratica ovviamente vietata.

Tutto questo avviene a solo qualche settimana di distanza dallo scambio di provette verificatosi all’ospedale “Pertini” di Roma. Un errore sanitario che ha dato il via ad una campagna di strumentalizzazione mediatica e politica, tra chi grida ad uno «spropositato sacrificio di vite umane embrionali» e chi, nonostante la sentenza della Consulta, vorrebbe la reintroduzione di restrittive regole in materia di fecondazione medicalmente assistita.

Sullo sfondo, rimangono gli aspiranti genitori ed un conto alla rovescia lungo nove mesi che non riesce mai a partire.