Fecondazione assistita, cosa resta della legge 40
di Adalgisa Marrocco
La Corte Costituzionale ha deciso: il divieto di fecondazione eterologa della legge 40 è incostituzionale. La sentenza stabilisce che d’ora in poi le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, saranno tenute ad effettuare tecniche di fecondazione con donazione di ovociti e spermatozoi esterni alla coppia. Sarà quindi lecita l’ovodonazione e qualunque uomo fertile potrà donare volontariamente il proprio seme. È questo l’ultimo colpo assestato alla Legge 40 che, nata nel 2004, ha subito ben ventotto volte il pronunciamento dei tribunali. A dieci anni di distanza dalla loro approvazione parlamentare, le norme in materia di procreazione medicalmente assistita hanno visto cadere man mano i propri capisaldi.
Infatti, nonostante gli obiettivi referendari ad hoc del 12 e 13 giugno 2005 non avessero raggiunto il quorum, oggi essi trovano realizzazione per mezzo degli organi giuridici. Scopriamo insieme cosa è stato cancellato e cosa rimane in piedi della Legge 40.
Nel 2009 è stato abolito dalla Corte Costituzionale il punto riguardante il limite massimo di produzione di tre embrioni e l’obbligo del loro impianto contemporaneo, le cui conseguenze erano il rischio di parti plurigemellari e l’utilizzo non ottimale del trattamento.
Invece, nel 2008, è stato il TAR a cancellare il divieto di diagnosi pre-impianto voluto dalle linee guida del Ministero della Sanità. L’abolizione aveva però riguardato le sole coppie infertili portatrici di malattie genetiche. Per quanto riguarda quelle fertili, infatti, si attende ancora la pronuncia della Consulta.
Come già detto, è stata la decisione di ieri a mettere fine al veto sulla fecondazione eterologa e, quindi, sulla donazione dei gameti.
A restare in piedi, oltre al già citato divieto di diagnosi pre-impianto per le coppie fertili portatrici di malattie genetiche, rimangono l’impossibilità di revoca del consenso da parte della donna a seguito della fecondazione degli ovuli e la proibizione dell’utilizzo di embrioni ai fini della ricerca scientifica.
Entrambi gli ultimi due punti ancora in auge giuridico, non solo sono in attesa di una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma sono stati depotenziati dalla prassi. Infatti, il divieto di revoca del consenso è stato azzoppato dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2009 che prevedeva il permesso alla conservazione degli embrioni. Per quanto concerne la ricerca, invece, gli scienziati italiani sono soliti usare materiale cellulare proveniente dall’estero.
L’involucro della legge 40 resiste, il contenuto sempre meno.