Pubblicato il: Gio, Dic 26th, 2013

La svolta restrittiva della Spagna, proteste contro la legge-bavaglio

di Riccardo Venturi

Nell’ultimo mese il governo Rajoy ha inferto una sterzata restrittiva alle sue politiche. Prima, una riforma della normativa che regola l’aborto pretende di riportare il paese nel 1985, quando l’interruzione di gravidanza era legale solo nei casi di stupro, malformazione del feto e rischi per la salute fisica e psichica della donna. Sulla scia di questa misura, il Partido Popular sta studiando ed ha ormai completato un progetto di legge di “Seguridad Ciudadana” (Sicurezza Cittadina), che limiterebbe con precise disposizioni la libertà di protesta. I cittadini non ci stanno e le manifestazioni contro la riforma crescono.

Una vignetta satirica sulla ley-mordaza

Il testo è stato approvato il 29 novembre dai membri del governo, rendendo noti tutti gli aspetti controversi di una legge che viene definita “anti-proteste” o “ley-mordaza” (legge-bavaglio). Il 2014 si dovrebbe aprire con questa importante novità. L’ideatore ed artefice della riforma, il Ministro dell’Interno Jorge Fernández Díaz, e il suo “padre putativo”, il Primo Ministro Mariano Rajoy, sono adesso intenzionati a farla passare in Parlamento, dove il partito di centrodestra gode di ampia maggioranza. Nonostante i numeri siano assolutamente favorevoli, l’impatto della nuova “Ley de Seguridad Ciudadana” è stato talmente scioccante da costringere l’esecutivo a ritoccarla con numerosi emendamenti.

Ai primi malumori di piazza, ha fatto seguito la protesta del 14 dicembre. A Madrid, precisamente a Puerta del Sol (centro nevralgico del movimento degli Indignados) e a Plaza de Neptuno, ci sono stati scontri fra polizia e manifestanti. Il collettivo “Coordinadora 25s”, uno dei promotori della protesta “Rodea el Congreso”, non demorde e assicura che seguiranno altre mobilitazioni ed iniziative. Gli organizzatori tentano di sensibilizzare cittadini spagnoli e stranieri, denunciando i tagli e le privatizzazioni portate avanti dal governo insieme alla Ley de Seguridad Ciudadana. Gli scontri di metà dicembre hanno quindi confermato l’immagine di un governo incline alla repressione.

La Moncloa, sottolineando la necessità di offrire più sicurezza ai cittadini anche durante le manifestazioni, nega la finalità repressiva delle scelte del Ministro dell’Interno. L’esecutivo, ritenendola equa, difende quindi la riforma, passo necessario da intraprendere insieme alla rivisitazione del codice penale. Secondo Rajoy, la nuova legge permette di distinguere diversi livelli di gravità di infrazione e favorirebbe soluzioni più garantiste.

Ma in cosa consiste la “Ley orgánica de protección de la Seguridad Ciudadana”?

Innanzitutto, il progetto di riforma ha un “punto di partenza” (riferimento alla legge del 1992 attualmente in vigore), espone ragioni e obiettivi e si struttura in cinque capitoli. Il succo delle ventisette pagine di documento ufficiale è da ritrovarsi nell’aumento esponenziale delle difficoltà e dei rischi legati al diritto di protesta. Gli spagnoli dovranno attenersi a disposizioni molto rigide, pena multe che oscillano tra i 100 e i 600.000 €. Le infrazioni, divise in tre categorie (molto gravi, gravi e lievi), prevedono altrettante fasce sanzionatorie che vanno da 30.000 a 600.000 €, da 1.001 a 30.000 € e da 100 a 1.000 €.

La convocazione di una manifestazione senza previa comunicazione o davanti a qualsiasi sede istituzionale viene considerata un’infrazione molto grave. In caso di disordini, i responsabili dell’organizzazione vengono gravati di ulteriori penalità. Partecipare a queste manifestazioni è, invece, considerato un reato “lieve”. Altre infrazioni considerate molto gravi sono, per esempio, manifestare a volto coperto, offendere o oltraggiare le istituzioni e i simboli spagnoli, anche se legati solo alle comunità autonome o agli enti locali. Tra le infrazioni gravi rientra “l’incitamento a comportamenti che mettano a rischio la sicurezza cittadina o che evochino violenza, odio, terrorismo, xenofobia, razzismo ed altre forme di discriminazione”. In questi casi, rimane il controverso elemento “dell’interpretazione” a disposizione della polizia. Anche il rifiuto di farsi identificare su richiesta delle forze dell’ordine comporterebbe una sanzione che oscilla tra i 1.001 e i 30.000 €, aumentabile nel caso in cui l’agente si senta insultato. Collocare striscioni e bandiere su edifici istituzionali e anche solo provare ad ostacolare uno sfratto presuppongono la stessa punizione. Infine, desta preoccupazione la possibilità che viene garantita ai vigilantes privati di agire anche al di fuori degli edifici di competenza, mentre fotografare e denunciare le aggressioni a danno dei manifestanti implica la certezza di sanzioni molto pesanti, dato il divieto di ripresa e diffusione di immagini di agenti di polizia.

Le proteste del 14 dicembre

Per molti osservatori interni ed europei si può parlare di un vero e proprio “processo di criminalizzazione delle proteste”. Non solo le sanzioni vengono considerate sproporzionate, ma soprattutto si pone l’interrogativo dell’arbitrarietà delle stesse. Nel progetto di legge vengono lasciati ampi spazi all’interpretazione dei reati, con il rischio più che concreto di andare a colpire chi manifesta pacificamente. In seguito all’approvazione di questa riforma, per esempio, gli Indignados non avrebbero più possibilità di organizzarsi. Intanto, l’opposizione si scaglia contro Rajoy, ma rimane ai margini delle proteste. Rubalcaba afferma che «nessuno offende gli spagnoli e la Spagna più di Rajoy», aggiungendo: «un partito che commette in continuazione reati vuole far passare come delinquenti quei cittadini che vogliono semplicemente esercitare le libertà loro garantite, questo è il più grande paradosso».

Anche il Consiglio d’Europa alza la voce, mentre la stampa internazionale è concorde nelle critiche. La tendenza a mettere la Spagna e le sue politiche sotto la lente d’ingrandimento si era già palesata in precedenza, tanto che il “The Wall Street Journal” era arrivato a rievocare il nome di Franco, accostandolo all’attuale PP.

Rajoy sembra intenzionato ad andare avanti per la sua strada, aprendo un nuovo ciclo di governo impostato su binari decisamente meno moderati, specchio di una tendenza generale a livello europeo. La sterzata a destra decisa dal Primo Ministro è volta a cancellare il percorso di grande apertura inaugurato da Zapatero, a spostare l’attenzione dalla disillusione generata da una crisi economica profonda ed a mettere in secondo piano la sempreverde questione catalana, facendo leva su quella parte di elettorato più sensibile ai richiami conservatori.