I vespri siciliani – Dalla Francia con furore
di Martino Pinali
Background storico
A Parigi, nel 1852, dove si era rifugiato con la Strepponi, e stava proseguendo la composizione del Trovatore e gli accordi con Venezia per la Traviata, Verdi andava stillando un contratto con l’Opéra di Parigi, già sede, nel ’47, del debutto di Jérusalem, rifacimento francese dei Lombardi. Il teatro parigino gli propose di collaborare con Eugène Scribe, fortunato autore di libretti messi in musica dai più noti compositori (scrisse Le Comte Ory per le musiche di Rossini, Les Huguenots e Robert le Diable per Meyerbeer, La Juive per Halévy, etc), aggravato dagli anni, e aiutato dal collega Charles Duveyrier. I due librettisti proposero a Verdi il soggetto de Le Duc d’Albe, un grand-opéra inizialmente composto da Donizetti, ma rimasto interrotto per la morte del compositore. Tuttavia, non appena fu stipulato l’accordo, Matteo Salvi, allievo di Donizetti, completò l’opera incompiuta di suo pugno, mandando in fumo il progetto del Duc, e facendo inferocire Verdi contro il povero Scribe.
Tornato a Parigi nel ’53, Verdi trovò i librettisti che l’attendevano con un nuovo, succoso soggetto, basato sulle note vicende dei Vespri siciliani (ricavato da un saggio di tale Michele Amari, patriota italiano, intitolato Guerra del vespro siciliano), che infiammarono la Sicilia del 1282. Il compositore si interessò molto alla cornice dell’opera (i balli tipici siciliani, l’ambientazione) e la scrittura dell’opera lo occupò intensamente, riscrivendo i pezzi musicali che aveva già ideato per lo sfumato progetto del Duc d’Albe. Les vêspres siciliennes, per di più, sarebbero stati il piatto forte della Grande Esposizione di Parigi, prevista per la primavera del 1855.
Se la composizione dell’opera non riscontrò più problemi, non si può dire la stessa cosa della scelta del cast: la primadonna prevista, Sofia Cruvelli, si era resa irreperibile, essendo fuggita altrove con il barone Vigier, ricco banchiere e suo prossimo marito. Verdi, saputa la notizia, volle addirittura scindere il contratto, ma, fortunatamente, la Cruvelli tornò nella capitale per onorare l’impegno (ed impedire un’altra “fuga” del più noto genio musicale degli ultimi anni): il compositore, allora, non minacciò più nulla, ma si fece bastare una sfuriata contro la primadonna fuggiasca durante le prove generali.
La critica, all’indomani del debutto, il 13 giugno del ’55, si divise in varii e discordanti pareri: Hector Berlioz, presente alla prima, espone qualche perplessità sul soggetto, ma un giudizio favorevole sulla partitura verdiana. Dopo il debutto francese, Les vêspres siciliennes attendevano l’Italia, ma, prima di diventare I vespri siciliani, dovevano passare sotto l’umiliante giogo della Censura. L’opera, fin troppo patriottica, cambiò soggetto, nome e ambientazione più volte: a Torino e a Parma fu rappresentata col titolo Giovanna de Guzman, mentre a Napoli Batilde di Turenna. La prima “vera” rappresentazione dell’opera, con la traduzione ritmica di Arnaldo Fusinato, fu nella “sua” Palermo, nel 1861, dopo la cacciata dei Borboni.
L’opera
Palermo, 1282. Guido di Monforte (baritono), governatore francese, domina la Sicilia con tanta ferocia e crudeltà da aver attirato su di sé l’odio di tutto il popolo: serpeggia una rivolta, capitanata dall’eroe nazionale Giovanni da Procida (basso) e la Duchessa Elena (soprano), sorella del Duca Federico d’Austria, fatto giustiziare da Monforte. Come sempre, alla trama politica si aggiunge la trama amorosa: Arrigo (tenore), giovane palermitano dalle ignote origini, è innamorato della giovane duchessa.
A complicare la vicenda, e a mettere in pericolo la relazione tra i due giovani, è l’amara scoperta, da parte di Arrigo, di essere figlio di Monforte: di ciò viene informato in un colloquio dallo stesso governatore, dopo aver ricevuto una lettera dalla donna siciliana che anni prima aveva sedotto e abbandonato, e che aveva dato alla luce Arrigo stesso. Diviso tra l’amore per la patria, per Elena, e per il padre ritrovato, Arrigo sventa un attentato contro Monforte durante una festa organizzata nel palazzo del governatore, causando l’arresto di Elena e di Procida.
In carcere, Arrigo rivela la verità alla donna amata, che lo perdona e lo compiange per il suo triste destino. Tuttavia Monforte propone al figlio la grazia per i congiurati, a patto che lo chiami, per la prima volta, “padre”. Arrigo, solo alla vista degli amici sul patibolo, cede: il governatore grazia tutti quanti, e decide di far sposare l’amato figlio con Elena.
Il sogno del finale lieto svanisce quando, il giorno delle nozze, Procida informa Elena dell’assalto al palazzo di Monforte, previsto proprio dopo il loro matrimonio, all’ora dei vespri. La donna non può fare nulla per salvare il marito e il suocero, che vengono travolti dalla furia del popolo palermitano, in cerca di vendetta.
Musica e maschere
Essendo “nati” in Francia, i Vespri rientrano a pieno diritto nella categoria del grand-opéra, un genere operistico tipicamente francese (talvolta “esportato” in Italia) che abbia queste caratteristiche: un soggetto storico e, quindi la presenza in scena di personaggi realmente esistiti; la presenza di un balletto (Verdi scrisse, per quest’occasione, come culmine della festa dell’Atto Terzo, il Ballo delle quattro stagioni); una notevole impostazione scenografica e l’utilizzo di numerose comparse, un ampliato organico orchestrale. A questa categoria si possono quindi ascrivere i successivi Don Carlos, e, per il rotto della cuffia, anche Aida (pur essendo ambientata in un Egitto fantasioso).
Nel grande guazzabuglio di balletti, scene di massa e colpi di scena, solo quattro protagonisti emergono, monumentali e fragili allo stesso tempo: la Duchessa Elena, Arrigo, Monforte e Procida. I sogni d’amore della coppia vengono vanificati ora dall’ingombranza paterna di Monforte, ora dai piani vendicativi di Procida. Ma nemmeno l’amore può salvarli dal vortice catastrofico in cui sono destinati a cadere, per le colpe proprie e degli altri:
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il carattere di Procida, eroe nazionale ante litteram, ha a cuore la propria patria (sentimento manifestato nella sua celebre aria “O tu, Palermo”), ma per salvarla è disposto a sacrificare altre vite umane (è lui che, nell’Atto Secondo, durante i festeggiamenti per le nozze dei giovani siciliani, provoca i soldati francesi, che, poco dopo, rapiranno le spose ai loro mariti, motivo per cui scatterà l’attentato-vendetta a Monforte nell’Atto Terzo);
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Monforte, supposto villain dell’opera, deve la sua crudeltà, principalmente, alla mancanza di affetto, che l’ha portato ad abbandonare la donna che aveva sedotto; una volta ritrovato il figlio, l’unica forma di affetto che sa mostrargli è oppressiva: vuole che Arrigo si comporti come si converrebbe al suo rango, pur avendo saputo da pochissimo le sue vere orgini; pretende, per capriccio, di essere chiamato “padre”, pena la morte di tutti i suoi amici.
Il messaggio che sembra lasciare l’opera, si può riassumere nel finale dell’opera, con l’assalto dei siciliani al matrimonio di Elena e Arrigo: la Storia (o, anche, il Tempo), incarnata da Procida e Monforte, rovina i rapporti e distrugge ogni cosa, persino l’amore, tanto sospirato, invano, dai protagonisti.
Tre buoni motivi per cui vale la pena ascoltarla
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per la bellissima Ouverture che apre l’opera, nel quale Verdi riesce a destreggiarsi, mescolando, alla sua maestria, un “retrogusto” francese;
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per Elena, ardente e dolente personaggio, che passa dalla fierezza (nella canzone iniziale, “In alto mare”, in cui cerca di muovere i Siciliani a scontrarsi contro i Francesi) alla pietà per l’amato (“Arrigo, tu parli a un core”) alla più gaia e spensierata civetteria, al momento delle nozze (a lei è dedicato il pezzo più famoso dell’opera, la cosiddetta Siciliana “Mercè, dilette amiche”), ruolo affrontato da Maria Callas, Montserrat Caballé, Daniela Dessì, Renata Scotto;
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per Procida, ambiguo personaggio che ondeggia tra l’eroismo di Pagano dei Lombardi, e il fanatismo di Zaccaria del Nabucco; degna di nota la sua grande aria, “O tu, Palermo”, resa celebre dalle interpretazioni di famosi bassi quali Ildar Abdrazakov, Boris Christoff, Ferruccio Furlanetto, Cesare Siepi.
Dove e quando ascoltarla in Italia
La Unitel Classica propone il dvd delle rappresentazioni al Regio di Parma dell’ottobre del 2010, protagonisti Daniela Dessì e Fabio Armiliato, compagni nella vita e sulle scene, nei ruoli di Elena e Arrigo, accanto al Procida di Giacomo Prestia e al Monforte di Leo Nucci. La regia è a cura di Pier Luigi Pizzi, la direzione di Massimo Zanetti.