Isole Tremiti, la BBC racconta gli omosessuali al confino durante il fascismo
di Giulia Mazzetto
Oggi è una bella località turistica, ma durante il ventennio fascista fu una colonia penale per omosessuali o meglio per pederasti, invertiti o arrusi, come venivano definiti con disprezzo dal regime mussoliniano. Si tratta della più piccola isola dell’arcipelago delle Tremiti: San Domino, che nel corso dei confinamenti fascisti, si specializzò nell’accoglienza di persone omosessuali.
A riportare alla memoria questa storia è stato il libro “La città e l’isola”, scritto da Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosi, due ricercatori e attivisti LGBT, compagni anche nella vita. La loro opera ha poi spiccato il volo atterrando in Gran Bretagna dove la BBC ne ha tratto un interessante articolo, che racconta la vita sull’isola di una sessantina di omosessuali di Catania, spediti al confino nel 1938 dal prefetto locale con l’intento di bonificare così la città dall’immoralità, applicando alla lettera le direttive del regime e guadagnando stima e fiducia agli occhi del Duce. Per Mussolini infatti bastava appartenere ad una minoranza per meritare di vivere isolati dal resto della società, a prescindere che si parlasse di etnia, sessualità, disabilità fisica o mentale. Non si veniva mandati in carcere, poiché non vi erano i presupposti non essendo stata infranta nessuna legge dello stato, ma per questioni di pseudo ordine pubblico, si preferiva allontanare dalla vita sociale degli italiani chiunque fosse ritenuto inferiore.
Il fascismo non scrisse mai leggi ad hoc contro gli omosessuali, perché questo avrebbe significato ammetterne la presenza tra il virilissimo e fascistissimo popolo italiano, tant’è che promulgando il Codice Rocco nel 1931, il fascismo avrebbe avuto, cinque anni prima delle leggi razziali, l’occasione di introdurre in Italia leggi apposite contro gli omosessuali, ma l’idea fu scartata proprio per non dare pubblicità al fenomeno. L’estensione della politica di difesa della razza agli omosessuali avvenne quindi attraverso misure amministrative. Il confino, o altri metodi repressivi come pestaggi, olio di ricino o licenziamento nel caso si lavorasse nell’ambito pubblico, erano comminati agli omosessuali sulla base del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, che dava alla polizia il potere discrezionale di eliminare dalla convivenza sociale un individuo che ponesse in essere un qualsiasi atteggiamento “scandaloso”. Per questo bastava un processo sommario e non erano necessarie prove ulteriori alla “parola d’onore” della stessa polizia che rilevava l’atteggiamento proibito e proponeva la punizione.
Il libro riporta che i confinati a San Domino inizialmente vivevano in condizioni terribili: non potevano abitare in case private, passavano la notte chiusi a chiave dentro una grande camerata, senza servizi igienici, guardati a vista dai carabinieri che, dopo averli messi sottochiave, lasciavano l’isola per la notte e non vi facevano ritorno fino al mattino dopo. Con il tempo però i regimi di controllo gradualmente si attenuarono e l’isolamento forzoso divenne quasi meglio della vita di sotterfugi e nascondigli che i gay erano costretti a sostenere nei luoghi di provenienza e che in effetti ritrovarono quando furono rispediti a casa, allo scoppio della guerra nel 1940. Sull’isola ognuno poteva realmente comportarsi come riteneva più opportuno, non reprimendo la propria sessualità ed il proprio stile di vita, godendo per quanto possibile di una condizione di maggiore libertà rispetto a contesti urbani che mal tolleravano le diversità. Secondo fonti del luogo, gli abitanti di San Domino si abituarono ben presto alla presenza di quegli ospiti, trasformandosi nella prima isola “gay-friendly” della storia.
Il servizio della Bbc ricorda infine che dal 7 al 9 giugno si è svolta a San Domino una tre giorni di tavole rotonde e confronti, ideata da Vladimir Luxuria, ex parlamentare e fervente attivista LGBT, per ricordare una storia per troppo tempo tenuta nell’ombra, al termine della quale è stata deposta una targa commemorativa alla presenza di una serie di associazioni – tra cui Albatros, Amnesty International Italia, Arcigay, Famiglie Arcobaleno – , del deputato Pd Ivan Scalfarotto e del sindaco dell’isola Antonio Fantini. «Un’ occasione anche per parlare di normative attuali e future in difesa dei diritti omosessuali – hanno sottolineato gli organizzatori – e per ricordare che gli estremismi, soprattutto nelle fasi di crisi economica e sociale come quella che stiamo attraversando, sono sempre in agguato e fanno leva sulla debolezza, sulla solitudine, sull’ignoranza, sulla paura. La memoria va alimentata affinché certi errori non si ripetano di nuovo e al confino vengano mandate una volta per tutte parole come esclusione, razzismo, violenza, dittatura».
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