Ocse: disuguaglianza in crescita dopo la crisi, l’austerity potrebbe aggravarla
di Luca Gemmi
Manifestazione anti-austerity a Londra (Photograph: Matt Dunham/AP)
I poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. È questo il trend che ha caratterizzato negli ultimi anni 34 Paesi membri dell’Ocse, ben prima dell’inizio della crisi economica. Crisi che, secondo i dati resi noti dall’organizzazione con sede a Parigi, non ha fatto che aggravare le diseguaglianze sociali e colpire le fasce più deboli. Ma ora, con le politiche dell’austerity, potrebbe andare anche peggio.
Molte nazioni sono arrivate alle porte della crisi con livelli di disuguaglianza già alti. Tuttavia nei primi tre anni di crisi, dal 2007 a fine 2010, lo squilibrio è cresciuto più che nei dodici precedenti. Molti governi in questa situazione hanno contrastato gli effetti della crisi aumentando i trasferimenti sociali e riducendo le tasse sul reddito: in poche parole, più stato sociale. Permettendo così di arrivare a fine 2010 con un livello di disuguaglianza non troppo maggiore rispetto al 2007.
I più colpiti sono, come sempre, le fasce più deboli: secondo i dati Ocse, il livello di povertà relativa (la quota di persone con meno della metà del reddito nazionale mediano) è salito dal 12.2 al 13.8 percento fra i giovani. Parallelamente, lo stesso indice di povertà è passato dal 15.1 al 12.5 percento fra gli anziani, protetti in qualche modo dalla pensione.
«Questi dati mostrano la necessita di proteggere la parte più vulnerabile della popolazione, – sostiene il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria – specie se i governi inseguono la necessità di tenere sotto controllo la spesa pubblica».
«Occorre definire – continua – politiche per aumentare la crescita e l’occupazione, per assicurare più equità, efficienza e inclusione sociale. All’interno di queste politiche è essenziale una riforma dei sistemi fiscali per assicurare che tutti paghino una quota equa e ricevano e beneficino degli aiuti di cui hanno bisogno».
I paesi che stanno conoscendo un gap maggiore fra ricchi e poveri sono Messico, Cile, Turchia, Usa e Israele, mentre si conferma più equo il modello di Islanda, Slovenia, Norvegia e Danimarca. L’Italia va un po’ peggio della media Ocse, dove nel 2010 il 10% più ricco mediamente guadagna 9,5 volte più del 10% più povero (9 volte nel 2007), mentre nel nostro Paese è al 10,2.
Guardando l’indice di Gini (linea blu), dove 0 è parità assoluta e 1 totale disuguaglianza di reddito, vediamo come l’Italia, pur non essendo fra le nazioni con i valori più alti, è comunque sopra la media Ocse, registrando numeri superiori a Francia e Germania.
«È importante ricordare che questi risultati raccontano solo l’inizio della storia», avverte il rapporto. Una crescita che continua a essere lenta (assente in Italia) e un aumento delle misure di consolidamento fiscale (cioè si continua sulla strada dell’austerity), potrebbero peggiorare ancora il quadro, e portare a livelli di disuguaglianza maggiori.
@lucagemmi