Pubblicato il: Mer, Mar 27th, 2013

Bahrein e ‘prigionieri di coscienza’, Zainab prosegue lo sciopero della sete

di Valeria Vellucci

Zainab al-Khawaja, giovane donna bahreinita e attivista per i diritti umani, ha iniziato anche lo sciopero della sete oltre a quello della fame.

ZainaB al-Khawaja 

Zainab, trent’anni, è stata arrestata il 15 dicembre 2011 nei pressi della capitale Manama mentre manifestava per chiedere il rilascio di suo padre e di altri prigionieri detenuti arbitrariamente. L’accusa rivoltale dalle forze di polizia è di oltraggio a pubblico ufficiale. Il 21 dicembre viene rilasciata su cauzione, per essere nuovamente accusata, poco dopo, di raduno pubblico illegale e disprezzo per il regime.

Il 12 maggio 2012 viene assolta dal tribunale penale di prima istanza ma la corte di appello presenta ricorso e Zainab viene nuovamente arrestata lo scorso 27 febbraio. L’arresto è avvenuto durante una manifestazione pacifica  dove l’attivista partecipava per esprimere il proprio dissenso riguardo l’assoluzione di alcuni poliziotti accusati di avere ucciso manifestanti, e contro il rifiuto, da parte della polizia, di restituire alla propria famiglia il corpo di un giovane ventenne ucciso nel corso di una protesta. La condanna per Zainab arriva già il giorno seguente, il 28 febbraio, ed è di tre mesi e 22 giorni di reclusione.

La situazione in Bahrein, per quanto riguarda i diritti umani, è disperata. La polizia fa un uso spropositato della forza, in particolar modo nei riguardi di coloro che da due anni manifestano pubblicamente nelle piazze invocando riforme e democrazia. Le proteste sono state portate avanti soprattutto dalla componente minoritaria sciita, la quale ritiene di subire una discriminazione rispetto alla maggioranza sunnita. Più di mille persone, nel solo 2012, sono state arrestate, trasportate in località segrete, sottoposte a torture, interrogatori, e alla fine costrette a firmare una confessione.

Manifestazione in sosteno del rilascio di Abdulhadi al-Khawaja 

Oltre a manifestanti e ad attivisti per i diritti umani, sono detenuti anche numerosi medici, infermieri, insegnanti e studenti. I processi, che avvengono in modo non regolare, sono iniqui e si svolgono dinanzi alla NSC (National Security Court), la quale si rifiuta di convocare testimoni. È impossibile, per gli avvocati degli accusati preparare una difesa, in quanto impossibilitati nell’incontrare i detenuti fino al giorno del processo. Nel giugno 2012, a seguito delle critiche mosse nei confronti della NSC, il re sancisce il trasferimento alla giurisdizione civile per tutti i casi connessi in qualche modo con le manifestazioni, stabilendo però che la NSC avrebbe continuato ad occuparsi di quelli ritenuti più gravi. Scosse elettriche, percosse, ed altre torture, sia fisiche che psicologiche, quelle inflitte ai detenuti, in uno stato di totale assenza del diritto alla difesa. Per alcuni di essi il decesso è avvenuto durante la custodia. Le denunce sono state numerose, ma le autorità non hanno mai intrapreso alcuna seria o concreta indagine per verificare ed eventualmente condannare.

L’opinione pubblica mondiale ha mostrato grande attenzione e sensibilità nei confronti del caso di Zainab e la campagna in sostegno della sua liberazione è supportata soprattutto dalla rete, grazie a social network quali Twitter e Tumblr.  Amnesty International sta lanciando numerosi appelli al fine di richiedere il suo rilascio, ma in particolar modo affinchè Zainab cessi immediatamente lo sciopero della sete che la sta mettendo in pericolo di vita, essendo la sua salute già gravemente compromessa.