L’Islanda batte Olanda e Gb, la Corte Europea: «Nessun rimborso per il crack finanziario»
di Luca Gemmi
La corte europea del libero scambio (EFTA) ha dato ragione all’Islanda. L’attenzione del continente è tutta sulla vittoria storica di Reykjavik contro Olanda e Regno Unito, che sancisce l’esenzione della capitale islandese dal risarcire i due paesi stranieri dopo il collasso finanziario del proprio sistema bancario.
Era il 2008 quando la crisi sistemica travolse gli appena 300mila abitanti e le tre maggiori banche del paese, che vennero poi nazionalizzate dal governo islandese poco prima di dichiarare la bancarotta. Il fallimento di Landsbanki trascinò nella crisi dell’isola anche i 350mila risparmiatori olandesi e britannici attirati dagli alti tassi d’interesse del conto online Icesave, uno dei prodotti di risparmio offerti dal gruppo Landsbanki. Inizia così un complesso nodo diplomatico fra i paesi coinvolti. I correntisti vennero completamente rimborsati dai sistemi di garanzia di Londra e dell’Aja, con la prospettiva di presentare il conto di 3,9 miliardi al governo di Reykjavik in un secondo momento.
Ma la popolazione islandese si oppose. Con un referendum rigettò l’accordo siglato dai governi dei tre paesi per una restituzione graduale del debito aggravato da alti tassi d’interesse annuali. L’Islanda si operò comunque per risarcire i singoli correntisti per la quota minima prevista dalle leggi europee dell’epoca, attorno ai 20mila euro ogni deposito, ma non il totale come chiedevano Londra e L’Aja. A seguito di un ricorso dell’Autorità di Vigilanza degli Accordi, la decisione sul dovere o meno di rimborso passò alTribunale dell’Efta (Il trattato del libero commercio con l’Ue a cui aderiscono Islanda e Norvegia), con sede a Lussemburgo, che ha dato ragione all’isola.
La sentenza della corte, infatti, sostiene che la direttiva (parte dei regolamenti UE che l’Islanda ha sottoscritto) “non stabilisce l’obbligo per uno Stato e per le sue Authority di assicurare il risarcimento se un piano di garanzia dei depositi non è in grado di farcela con i suoi obblighi in caso di una crisi sistemica”. L’Islanda non è responsabile del crack di Icesave a causa delle dimensioni sistemiche della crisi e non dovrà dare risarcimenti. In più non è stato considerato dalla corte discriminatorio aver rimborsato i depositari nazionali islandesi e non quelli stranieri.
«Questa sentenza rafforzerà la ripresa economica in Islanda – è stato il commento del Primo ministro islandese Jóhanna Sigurdardóttir – Le agenzie di rating potrebbero modificare la valutazione sul paese. Ci sarà un impatto positivo anche sui controlli di capitale, insomma una decisione positiva in tutti i sensi». «Il verdetto è naturalmente una fantastica vittoria per noi» ha aggiunto il ministro delle finanze islandese Steingrimur Sigfusson. Oggi l’Islanda, grazie agli ingenti prestiti del Fondo Monetario Internazionale e un riassesto del sistema creditizio, vanta una modesta crescita economica attorno al 3% annuo.
Non è d’accordo la Commissione Europea, braccio esecutivo dell’UE, secondo cui gli schemi di garanzia dei depositi sono validi anche in caso di crisi sistemiche. La sentenza però, anche se non vincola direttamente la ben più importante Corte di Giustizia Europea, stabilisce un precedente giuridico per l’intero sistema UE, con delle possibili conseguenze anche per l’Eurozona. Già l’Islanda aveva incassato nei mesi scorsi la fiducia di altri paesi in condizioni molto simili, come Irlanda e Romania, e non sembrava infondato il sospetto che il modello islandese potesse affascinare anche i “grandi” dell’Europa in crisi. Intanto l’isola ottiene una importante vittoria, con una sentenza definitiva senza possibilità di ricorso, lasciandosi finalmente alle spalle questa faccenda per cominciare a costruirsi il proprio futuro in Europa.