Anonymous a 360°: da troll del web ad hacker temuti da tutti. Parla Moore, l’ideatore di V per Vendetta
di Andrea Gentili
“Oggi come non mai i popoli di tutto il mondo vedono sottrarsi le poche opportunità di manifestare la propria libertà di essere informati realmente, da governi sempre più autoritari e corrotti, che opprimono intere popolazioni per perseguire egoistici e ignobili fini”. Sembra una frase dal film V per Vendetta? Quasi. È una delle tante presentazioni con le quali Anonymous si svela al web. Ma chiariamo un concetto: Anonymous non esiste. Non che sia una leggenda, ma semplicemente non si può riconoscere in alcuna persona, né in un gruppo determinato. Il vostro coinquilino potrebbe essere Anonymous, ma pure il vostro capo, il professore, la vicina della porta accanto. Anonymous non è nessuno nel senso che è tutti. Scrive il sito della CNN: «Definire chi è Anonymous è difficile. Non è un collettivo organizzato o un ritrovo di hacker che la pensano in simil modo. È simile piuttosto a una bandiera, dietro la quale si schierano diversi hacktivisti (hacker attivisti, informatici che minano il sistema informatico per idee politiche, ndr.) nel tentativo di raggiungere abbastanza consensi da distruggere un avversario. La subcultura degli Anonymous attrae per lo più ragazzi giovani, con una discreta conoscenza dell’hacking. Essi sono maggiormente inclini a combattere i governi e le organizzazioni politiche che a parer loro limitano la libertà di opinione». Non sarebbe nemmeno giusto scrivere però che Anonymous è una organizzazione senza leadership, perché Anonymous non è nemmeno una organizzazione. È un movimento volontario, intestino dentro ognuno di noi e dentro ogni popolo. Anonymous è un gruppo che non ha nemmeno gli estremi per essere classificato come tale: le persone non si conoscono tra di loro, non si presentano, ma pure nell’anonimato più assoluto riescono ad agire per un obiettivo comune.
La storia di Anonymous ha inizio nel 2003, quasi dal nulla. Christopher Poole, un ragazzino di 15 anni, crea il sito 4chan, una specie di tumblr, se siete esperti in materia. È una piattaforma di file sharing dove ogni persona può caricare delle immagini e aggiungere un commento. Non ci sono regole sul sito, così molti utenti cominciano a fare tutto quello che vogliono, senza limiti. Si moltiplicano gli utenti di nome Anonymous, cioè nessun nome, un po’ come la faccina bianca su sfondo azzurro dei senza-foto su Facebook. Il movimento si espande, esce dalle barriere del sito, gli anonymous imperversano su internet e cominciano a fare le prime scorribande organizzate. Col tempo gli attacchi si fecero sempre più seri: nel 2008 il gruppo di Anonymous attaccò la Chiesa di Scientology, perché aveva oscurato una video intervista di Tom Cruise, presunto numero 2 dell’organizzazione. Nel 2009, in seguito ai brogli elettorali che portarono l’attuale presidente dell’Iran Ahmadinejad a vincere le elezioni, nasce ufficialmente l’hacktivism, con Anonymous che supporta i dissidenti iraniani creando un sito pirata che sostenesse le loro idee, aiutandoli a rimanere nell’anonimato sul web. Successivamente scoppiò il caso Wikileaks: il sito dell’informatico australiano, che raccoglie tutti i documenti privati e di stato, in genere coperti da segreto, e li mette online protetti da un potente sistema di cifratura, viene messo in forti pressioni per aver pubblicato documenti diplomatici segreti degli Stati Uniti. Anonymous entra in gioco nel 2010 sostenendo Wikileaks e attaccando i siti nemici all’organizzazione, quali Paypal, Visa, Mastercard, costretti ad andare offline l’8 dicembre. In tema di primavera araba invece, Anonymous ha sostenuto i popoli nordafricani mettendo fuori uso tutti i siti di governo dell’Egitto, fino al giorno delle dimissioni di Mubarak. Negli ultimi due anni gli attacchi si sono moltiplicati, prendendo di mira le principali aziende statali, e i siti degli organi di Governo: si registrano attacchi all’Enel, all’Agcom, al sito della Corte costituzionale ungherese, a Trenitalia, a Equitalia, al ministero dell’interno e della difesa italiani, al sito dei carabinieri, senza dimenticare i quattro attacchi in grande stile al Vaticano e a Radio Vaticana, i cui siti sarebbero rimasti inaccessibili per un totale di quasi 3 giorni. Attualmente gli Anonymous stanno conducendo una battaglia cybernetica contro il Governo cinese, il quale è dal 1998 che sta censurando la libera informazione sul web; sul piatto, secondo Anonymous Cina, ci sono anche la violazione dei diritti umani e la corruzione.
I simboli usati dal gruppo non sono molti, anzi è uno solo: la maschera di plastica di Guy Fawkes, quella disegnata dal fumettista Alan Moore per la sua opera a vignette V per Vendetta, dal quale è stato tratto il celebre film. Ma che cosa ne pensa Alan Moore del movimento di Anonymous, nuovo volto sotto la maschera da lui ideata? In un’intervista al Guardian Moore afferma di essere veramente soddisfatto della sua opera e da ciò che ne è risultato fuori col tempo, negando di essere in alcun modo dispiaciuto per l’appropriazione del suo soggetto da parte di Anonymous: «quando stavo scrivendo V per Vendetta pensavo nel più profondo del mio cuore: non sarebbe fantastico se tutte queste idee trovassero veramente un impatto? Così quando vedi questo tuo sogno diventare reale, è veramente una sensazione speciale. È come vedere un personaggio creato più di 30 anni fa che scappa dalle pagine del fumetto». Sulla maschera: «Quando ti vedi di fronte un mare di maschere di V, i protestanti ti appaiono come un singolo organismo. Questo è ciò che mi dicono in molti. È formidabile. Capisco allora perché chi protesta se ne sia innamorato così. La maschera trasforma le proteste in rappresentazioni: è molto artistica. Crea un senso di commedia e di dramma assieme». La maschera è diventata la vera faccia degli attivisti di Anonymous, ma non solo, perché ha catturato il cuore anche dei sostenitori di Wikileaks e dei movimenti di protesta quali Occupy Wall Street e degli Indignados. Tanto che, data inizialmente in omaggio assieme ai fumetti di Moore, ora è venduta a 10 $ dalla Warner Bros, casa produttrice del film di McTeigue. «Lo trovo comico, è abbastanza imbarazzante vedere un’impresa così grande come la Warner che tenta di monetizzare su una protesta che è sostanzialmente anticapitalista».