Pink Money: come il mercato seduce e manipola gli omosessuali
di Francesca Caleffi e Stefano L. Alberti
Qualche mese fa ha fatto scalpore in Italia una pubblicità dell’azienda Ikea, che ritraeva una coppia di giovani uomini, mano nella mano, commentata dal claim “siamo aperti a tutte le famiglie” e la conseguente reazione di Carlo Giovanardi, allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Al di là della polemica su cattolicesimo e omofobia, la querelle nasconde un trend economico su cui si è riflettuto ancora poco.
Mentre Giovanardi accusava Ikea di promuovere una campagna pubblicitaria contraria ai principi espressi nella Costituzione, la popolazione omossessuale mondiale continuava a consolidare il proprio interesse a ottenere rispetto morale e riconoscimento legale dei propri diritti come nucleo familiare, ma c’è di più.
Infatti, la comunità LGBTQ (composta da Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali e Queer – cioè appartenenti a un’altra minoranza sessuale) è sempre più economicamente importante. Moltissime aziende si sono quindi accorte di questo crescente segmento di mercato e sono desiderose di conquistare questo ghiotto bottino.
Si è calcolato che, solo negli States, il potere d’acquisto nelle mani delle sedicimila persone che si dichiarano LGBTQ raggiunge i 743 miliardi di dollari (tra il 5 e il 10% del potere d’acquisto dell’intera popolazione americana). Si è visto infatti che gli appartenenti alla comunità possiedono più macchine e case, viaggiano di più, spendono più nella tecnologia e hanno più disponibilità economica di molti altri gruppi.
Da quando il mercato si è reso conto di questa enorme risorsa, le pagine dei giornali LGBTQ, i blog, i social network e le reti televisive si sono riempiti di pubblicità rivolta a questa invitante comunità. Il Wall Street Journal e l’Advertising Age, giornali che si occupano di business, ne studiano i comportamenti, i desideri, le ragioni politiche, fornendo alle major preziose informazioni per sviluppare un marketing mirato.
Così nel mercato mondiale, sulle bocche di imprenditori ed economisti, compaiono termini come “Pink Money” o “Dorothy Dollar” per fare riferimento alla sempre crescente percentuale di potere d’acquisto nelle mani della comunità, che ha dimostrato di essere anche generosa quanto a donazioni a partiti politici.
Nascono statistiche ad hoc e indagini di mercato, si elaborano profili e si creano miti materiali e status symbol, facili emblemi della lotta, in realtà non ancora completata, per il riconoscimento dei diritti alle coppie dello stesso sesso.
Che una cucina Ikea, una Diet Coke o una Cadillac possano essere riconosciute icone di questa delicata realtà, armi con cui ottenere un riconoscimento politico, è cosa molto curiosa, eppure le statistiche confermano questa tesi.
La Harris Interactive, compagnia americana di ricerche di mercato, riporta che l’88% di gay e lesbiche, contro il 70% dei loro amici eterosessuali, dimostra preferenze per i marchi che non attuano discriminazioni nel trattamento dei loro dipendenti. Il 60% degli intervistati LGBTQ dichiara di riacquistare lo stesso marchio di alcolici, contro solo il 42% degli eterosessuali. Questi tuttavia non sono gli unici numeri. Si è visto che gli omosessuali prestano più attenzione alla moda, usano di più blog e social network e sono clienti più fedeli. Essi inoltre dimostrano di dare più valore all’immagine che il marchio riesce a crearsi all’interno della comunità, che al prezzo del prodotto.
Quindi si riscontra una bieca dicotomia fra la società civile e le politiche di impresa. Da un certo punto di vista infatti possiamo prendere atto di un mutamento nella mentalità sociale, che sfocia in una maggiore tolleranza nei confronti dei gay e nella graduale attribuzione di garanzie e diritti. Il mercato però, del tutto disinteressandosi a questo aspetto, ha colto la palla al balzo per sfruttare e manipolare a suo beneficio questo segmento. Pertanto, sempre alla ricerca di un maggiore profitto, crea e commercia beni che si rendono desiderabili da questo target perché superficiale simbolo di apertura mentale, progresso e tolleranza. In due parole, un “contentino” per le coscienze.