Infinite possibilità di amare, significati e diritti del poliamore: intervista a Jade Jossen
di Leonardo Sartori
Jade Jossen è poliamorosa e redattrice della rivista Rifacciamo l’amore. Vive tra Bologna e la California, dove trascorre le estati facendo corsi di formazione. Il Referendum l’ha incontrata per parlare di una realtà ancora poco conosciuta.
Jade, la realtà del poliamore è da molti sconosciuta e spesso si crea molta confusione in merito. Cosa significa per te poliamore?
Se dovessi dirlo di getto, il poliamore per me è uno stile relazionale, un grandissimo contenitore per tantissime modalità di stare in relazione (non monogama), sessuale e non. Ci sono infinite possibilità di stare insieme, infatti è la moltitudine che caratterizza il poliamore. Io sono dell’idea che non ci sia un unico modo di essere poliamorosi e il bello è che nessuno ti impone una modalità con la quale esserlo. Io personalmente ho relazioni sessuali e asessuali, con cui condivido affettività e intimità (non necessariamente sessuale). Per altri, l’aspetto sessuale è fondamentale.
Qual è secondo te il minimo comune denominatore delle relazioni poliamorose?
Consensualità e trasparenza sono le parole d’ordine. E c’è il dialogo, che può essere un pro e un contro. In una relazione poliamorosa si parla moltissimo, per trattare, discutere, rivedere la propria relazione. Infatti, può non sembrarlo, ma il poliamore costituisce un impegno grandissimo.
A tuo avviso essere poliamorosi è una caratteristica innata?
Per quanto mi riguarda si è “poli” dalla nascita. È nella mia natura essere trasparente, e ho sempre vissuto con sofferenza nel sistema monogamico, nel quale non riesco a vivere autenticamente e con serenità i miei sentimenti. Sono stata in una relazione monogamica di 7 anni, e stavo male, andavo contro la mia natura: ero depressa, sentivo i sensi di colpa, la mia autostima è andata a picco. Sapevo di non stare bene però mi sentivo sbagliata. Tutti i miei amici riuscivano a vivere una relazione monogamica, e quindi ci ho provato anch’io, facendo del male a me stessa e all’altra persona.
Quindi un poliamoroso non soffre di gelosia?
Io sono gelosissima! La gelosia non è una cosa negativa, siamo esseri umani, la differenza dipende dalla sua gestione. Il modo migliore è parlare tanto, comunicare. È come la rabbia: se per rabbia lanci calci e pugni, stai adottando un atteggiamento violento e negativo, e significa che stai gestendo male la tua rabbia. Se invece ne parli e chiedi aiuto ai tuoi partner, la gestisci in modo più positivo. Il fatto di essere gelosi è buono, perché ti permette di lavorare su una problematica all’interno della relazione, che puoi risolvere attraverso il dialogo e il confronto.
Qual è l’aspetto associazionistico del poliamore? Esiste un network o un’associazione?
Insisto nel dire che non voglio che il poliamore diventi un’associazione. Molti poliamorosi non saranno d’accordo con la mia posizione ma il modo in cui un individuo vive le sue relazioni fa parte di una sfera molto personale, e io non mi prenderei mai la responsabilità di gestire un’associazione che entri nella sfera privata altrui, e non voglio che nessuno se la prenda, sarebbe l’inizio della fine. Sono molto preoccupata di questa cosa. Se ne è parlato molto, ma io non sono d’accordo. Organizziamo già incontri, eventi. Il network c’è. L’unico vantaggio di un’associazione formale si avrebbe nell’ottenimento dei diritti.
Parliamo di diritti, quali sono le principali richieste da parte dei poliamorosi?
Sicuramente la possibilità di legarsi ad altre persone con più libertà, con dei Pacs magari. Le richieste sono simili a quelle delle coppie LGBT, come ad esempio su eredità e salute, per poi passare alla tutela dei figli. Avere le stesse possibilità di una coppia monogama. Oggi non ci sono queste possibilità, e tutto viene gestito in via informale.
Tra mancanza di diritti e contesto sociale, come vivono i poliamorosi nella società odierna?
Ora come ora, è ancora difficile. Non ci sono riconosciuti diritti. Così alcuni poliamorosi hanno trovato una soluzione alternativa a questo vuoto normativo, ovvero costruiscono delle società. Alla fine dei conti creare una società significa creare un accordo tra varie persone. A livello amministrativo, un matrimonio non è poi così diverso da una società. Però in California, rispetto alla questione dei figli, esiste già la possibilità di riconoscere tre genitori sul certificato di nascita, e in Canada fino a cinque. Evidentemente è una legislazione che intende risolvere diversissime questioni. Un esempio può essere quello delle famiglie in cui i genitori sono separati e formano una nuova famiglia con nuovi partner. Le realtà sono molte, esistono, ma non se ne parla. Il caso californiano si riferisce perlopiù alla grande moltitudine di coppie gay e lesbiche che concepiscono un figlio con una terza persona, il figlio ha di fatto tre genitori. Ma pensiamo semplicemente al caso di un genitore biologico che scompare: con questa legislazione una terza persona ha la possibilità di colmare l’assenza del genitore biologico. Le situazioni sono moltissime.
Fino a che punto il mondo del poliamore subisce discriminazioni? C’è affinità invece tra il mondo poliamoroso e quello LGBTQI?
In realtà nel mondo LGBT c’è abbastanza discriminazione nei nostri confronti, forse dovuta alla tendenza di gay e lesbiche di imitare il modello mainstream eterosessuale, e per evitare di essere discriminati ulteriormente. È comprensibile, il mondo LGBT ha subito molto queste discriminazioni negli ultimi decenni. C’è molto protezionismo ora, non vogliono essere associati a ‘queste cose’, come può essere il poliamore. In ogni caso ci tengo a sottolineare un fatto molto positivo: a Bologna si sta costruendo una forte solidarietà tra Cassero (Arcigay Bologna) e Gruppo Poliamore Bologna. Si tratta di una collaborazione molto positiva. Paradossalmente in California i ‘poli’ e i gay sono molto divisi, e non c’è molta collaborazione. Forse perché in Italia siamo tutti sulla stessa barca! Poi le discriminazioni vengono spesso dalle famiglie tradizionali. Io personalmente ho fatto coming-out – anche se non sono molti in Italia – e ho parlato di poliamore in alcuni programmi televisivi. Successivamente ho subito dei danni sul lavoro. Essendo insegnante, molti genitori mi hanno tolto gli allievi. Sono questioni della mia vita privata, perché i genitori devono giudicare il mio amore? O interessarsi su con chi torno a casa la sera? Essere giudicato per essere violento e picchiare qualcuno è un conto, ma per amare qualcuno? Io credo che dal poliamore arrivi invece un messaggio molto cristiano, di amore assoluto. Poliamore è un messaggio d’amore.
Sul portale www.poliamore.org si legge che ‘Il poliamore può aiutare a fare venire meno la cultura dello stupro’. È un’affermazione che condividi?
Secondo me il poliamore è una cultura di grandissima comunicazione di se stessi con gli altri: si parla dei propri sentimenti, delle proprie debolezze, dei propri bisogni. Lo stupro viene spesso dal fatto di essere repressi, di non parlare e non comunicare, di avere paura, di non sentirsi amato, e questa repressione si scatena poi in un atto di violenza. Io credo che una cultura in cui si parli e si gestiscano le frustrazioni possa essere di grande aiuto alla società.