“Chiudono” gli Ospedali psichiatrici giudiziari, cosa cambia dal 31 marzo
di Serena Santoro
Il 31 marzo è previsto il superamento definitivo degli Ospedali psichiatrici giudiziari, una delle misure di sicurezza personali detentive previste dal nostro ordinamento e ultima traccia rimanente dei manicomi. Lo stabilisce il testo del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 coordinato con la legge 30 maggio 2014, n. 81: la soluzione prevalente è la conversione in microunità sanitarie, le Rems. Le nuove Residenze saranno infatti gestite dalla sanità regionale in collaborazione con il Ministero della Giustizia.
Sono però molte le preoccupazioni su queste nuove strutture, bollate con critica come “mini opg”, e sull’adempienza del termine del 31 marzo da parte delle Regioni. Psichiatria democratica a fine febbraio denunciava che solo quattro Regioni avevano dichiarato il rispetto della scadenza senza ricorrere al privato: Emilia Romagna, Campania, Calabria e Friuli Venezia Giulia, quest’ultima ricorrendo a strutture a gestione mista pubblico-privata. E più allarmante, ben nove Regioni non erano state in grado di indicare un termine certo per la presa in carico dei propri internati. Per le regioni inadempienti, a partire da oggi 31 marzo, dovrebbe scattare il commissariamento da parte del Governo.
Secondo i dati raccolti da Stop Opg le Rems già attive e pronte al 1 aprile sarebbero quelle previste nella Provincia autonoma di Bolzano e in Valle d’Aosta, Lombardia, Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Peculiare la posizione della Liguria che dal 1 aprile si appoggerebbe transitoriamente alla Rems di Castiglione delle Stiviere. Aperture di altre Rems sarebbero invece programmate entro il 2015, a maggio in Friuli Venezia Giulia e in Puglia, a luglio in Calabria e nella Provincia autonoma di Trento, a settembre in Piemonte.
Si distingue il Veneto, volontariamente inadempiente. «Noi i malati di mente giudicati pericolosi non li metteremo in dei lager improvvisati e insicuri, per rispetto della loro dignità e per la tranquillità sociale dei territori» ha commentato l’assessore regionale alla Sanità del Veneto Luca Coletto polemizzando con il Governo Renzi e rendendo noto di avere individuato la sede della nuova struttura, con tutte le caratteristiche necessarie di sicurezza e umanità.
Le Rems non sarebbero altro che «una finta chiusura», denuncia Psichiatria Democratica, che condivide con il comitato Stop Opg la volontà di vedere ridotti gli ingressi nelle nuove strutture previste, favorendo le misure alternative alla detenzione e potenziando, anche mediante lo spostamento di risorse e personale, i servizi di salute mentale, che per legge devono già accogliere i soggetti dimessi dall’Opg perché considerati non più «socialmente pericolosi».
L’internamento nelle Rems, in base a quanto disposto dalla stessa legge, dovrebbe diventare residuale ed essere adottato solo nei casi in cui ogni misura diversa non risulti idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua “pericolosità”. Il giudice – ed allo stesso modo il magistrato di sorveglianza – deve verificare se è possibile adottare per l’infermo di mente misure di sicurezza alternative alle Rems, operando un accertamento che non tenga più conto delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo infermo o seminfermo.
Prima di questa novella normativa la c.d “pericolosità sociale”, criterio soggettivo ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza, poteva essere attribuita anche ad una persona emarginata o lasciata senza cure con la conseguenza dell’internamento e delle proroghe. Lo stesso concetto di “pericolosità sociale” – che prima della dichiarazione di illegittimità da parte della Corte Costituzionale era considerato addirittura presunto nel caso dell’infermo di mente – scatena sempre più polemiche e dibattito, anche nell’ambito della stessa psichiatria, sempre più coinvolta nell’accertamento del giudice sulla pericolosità dell’infermo che ha commesso il reato. Anzi, gli psichiatri forensi sono i primi a ritenere superata l’equazione infermità e pericolosità sociale, ritenendo la perizia psichiatrica non adatta a fornire indicazioni certe e sufficienti.
Altra novità riguarda la permanenza all’interno di un Opg – ora Rems – che può durare 5 anni nel caso di un reato per cui la legge preveda una pena di reclusione non inferiore nel minimo ai 10 anni, 10 nel caso in cui la legge preveda l’ergastolo, 2 in tutti gli altri casi. Una durata che è determinata in base alla gravità astratta del fatto commesso ma che fino ad oggi era prorogabile in Opg, determinando gli “ergastoli bianchi”, in contrasto con le garanzie tipiche di uno Stato moderno di diritto. Il testo coordinato introduce dei limiti, prevedendo che la durata massima della misura di sicurezza non potrà essere superiore a quella della pena per il corrispondente reato.
«Ribadiamo la nostra soddisfazione per una legge che, pur non sciogliendo i nodi giuridici che sostengono l’Opg, in primo luogo la modifica del codice penale per abolire definitivamente il doppio binario (sistema in base al quale ai soggetti imputabili ma socialmente pericolosi e ai soggetti semi-imputabili si applicano contestualmente sia la pena che la misura di sicurezza; non è il caso invece dei destinatari dell’Opg, soggetti inimputabili, ai quali può essere attribuita esclusivamente la misura di sicurezza – NdR) e l’istituto dell’Opg, ha certamente migliorato l’attuale normativa» commenta il Comitato per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
Come è noto la chiusura degli ospedali psichiatrici civili è stata prevista per effetto della legge 180 del 1978, meglio conosciuta come Legge Basaglia, anche se nella maggior parte dei casi i manicomi sono stati soppressi solamente tra il 1996 e il 2000. Questa legge aveva però lasciato sopravvivere gli Opg in quanto, nonostante la previsione della legge sanitaria del 1978, il codice penale italiano, redatto nel 1930, continuava a contemplare la possibilità di internare il “folle” reo di avere commesso un reato ma inimputabile a causa della sua infermità mentale.
L’iter di superamento di queste strutture “medico-carcerarie” è iniziato nel 2008 quando il Comitato contro la Tortura d’Europa ha visitato le strutture italiane, un’ispezione alla quale sono seguiti non molto dopo, nel 2010, i sopralluoghi della Commissione Parlamentare d’Inchiesta presieduta dal senatore Ignazio Marino nei 6 Opg della penisola, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere – che ospita l’unico reparto femminile in tutta Italia – Reggio Emilia e Monte Lupo Fiorentino. La Commissione rileva, ad eccezione di Castiglione, una sistematica distruttività della personalità degli internati: celle luride, uso di psicofarmaci, penuria della polizia giudiziaria, fatiscenza, contenzioni non refertate, pazienti abbandonati in condizioni disumane. Nel luglio del 2011 vengono addirittura chiusi alcuni reparti di Monte Lupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto a causa di condizioni che violavano ampiamente i diritti costituzionali.
È il gennaio del 2012 quando nel decreto “Svuota carceri” viene inserito un emendamento che prevede il superamento degli Opg entro il 31 marzo del 2013. L’emendamento passa con 175 voti favorevoli, 66 contrari e 27 astenuti. Il decreto diventa legge nel febbraio del 2012 ma la chiusura delle strutture viene prorogata, prima fino al 31 marzo 2014 e successivamente al 31 marzo del 2015. Una conversione che ha richiesto diversi stanziamenti, come i 120 milioni previsti nel 2012 e i 60 per l’anno 2013, a cui si sono aggiunti gli oneri derivati dalle proroghe, che dovrebbero ammontare a 4,38 milioni per il 2014 e 1,46 milioni per il 2015.
Adesso che è stato raggiunto il termine previsto dalla legge per il superamento delle vecchie strutture, il comitato Stop Opg chiede una maggiore collaborazione e integrazione tra i Dipartimenti di Salute Mentale, I Servizi per le Dipendenze e i Servizi Sociali, e una relazione stabile con la magistratura per offrire progetti terapeutico-riabilitativi appropriati. Anche la stessa Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale si dichiara favorevole a percorsi di cura personalizzati che, orientati al miglioramento delle condizioni di vita e di salute delle persone internate, restituiscano loro una cittadinanza perduta.