Trascrizione dei matrimoni omosessuali, nel caos giuridico l’ipotesi della non violazione
di Stefano Capponi
Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha fatto sapere di risultare indagato per il reato di omissione di atti d’ufficio per non aver ottemperato la richiesta del Prefetto di Milano di cancellare le trascrizioni dei matrimoni omosessuali contratti all’estero. La notizia è stata successivamente smentita dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, che ha dichiarato il fascicolo aperto verso ignoti. «L’ignoto sono io», ha replicato Pisapia.
Il sindaco, giurista e in passato celebre avvocato, figlio di Gian Domenico Pisapia, tra i redattori del codice di procedura penale, ha specificato che il Prefetto gli imponeva «di cancellare una trascrizione che ritengo doverosamente di dover trascrivere perché così, secondo me, impone la legge».
La questione riguarda il grande ambito internazional-privatistico del riconoscimento in Italia degli effetti degli atti giuridici formalizzati in un Paese straniero; in particolare del matrimonio tra persone omosessuali contratto all’estero. Ci si chiede infatti se potranno essere riconosciuti nel nostro Paese quei matrimoni che in Italia non sono regolati.
Prima di riconoscere un atto giuridico estero e lasciare ad esso la possibilità di produrre effetti, specialmente qualora non esista un atto corrispondente nell’ordinamento italiano (come è il caso del matrimonio paritario) è necessario che l’autorità verifichi che questo atto non sia potenzialmente in conflitto con il cosiddetto ordine pubblico internazionale, ovvero quell’insieme di valori e principi politico-giuridici primari del Paese che impedirebbero che quest’atto possa svilupparsi senza entrare in contraddizione con gli stessi.
È un esempio il caso della poligamia, che potrebbe essere considerata come offensiva rispetto al principio di uguaglianza tra i sessi, nonché del matrimonio contratto con persone più che minorenni, magari minori persino dei 14 anni, che violerebbe il principio di integrità psico-fisica del minore e del suo corretto sviluppo. Ci si deve quindi chiedere se il caso del matrimonio gay sia da considerarsi come una violazione dei principi e valori giuridici fondamentali del nostro ordinamento. Molti sindaci italiani, specialmente di grandi città, in primis il sindaco Pisapia di Milano, il sindaco Merola di Bologna e il sindaco Marino di Roma, hanno ritenuto del tutto insussistente qualsiasi lesione dei nostri valori primi in caso di trascrizione di questi tipi di matrimoni, anche se talvolta commettendo qualche grossolano errore (come quando il sindaco Ignazio Marino ha confuso l’ordine pubblico collegato al diritto alla sicurezza con l’ordine pubblico internazionale).
È chiaro che queste trascrizioni abbiano avuto un intento anche e forse in primo luogo politico e mediatico. La questione è infatti sorta all’attenzione dei media quando il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, capo del partito di NCd e della componente popolare della maggioranza di Governo, non propriamente conosciuta per la sua apertura su queste tematiche, ha fatto girare una circolare ministeriale che evidenziava come non dovessero essere trascritti questo tipo di matrimoni. Da lì, i Prefetti si sono dovuti adeguare, richiedendo di cancellare le trascrizioni operate, ma alcuni sindaci, come Pisapia, si sono opposti, con le conseguenze del caso.
Ma sono utili queste trascrizioni ai fini della spinta verso il riconoscimento del diritto al matrimonio paritario in Italia? Anche le opinioni dei favorevoli non sono sempre concordi tra loro. Infatti, bisogna segnalare che ad oggi sono pendenti diversi ricorsi dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e potenziali soluzioni alternative “fai da te” potrebbero andare a confliggere con le eventuali decisioni.
La Corte già dal famoso caso Goodwin aveva ritenuto che il sesso del partner non fosse più un ostacolo al diritto al matrimonio previsto dall’art. 12 della CEDU (Carta Europea dei Diritti Umani), anche se allo stesso tempo aveva poi detto, probabilmente anche per non intervenire direttamente negli ordinamenti dei Paesi aderenti, che limitare il matrimonio a persone dello stesso sesso non comporta un’automatica violazione di un diritto fondamentale. Insomma, sino ad una sentenza molto più incisiva di qualche corte europea oppure sino ad una significativa riforma del legislatore italiano (che ad oggi appare sin troppo lontana) la questione potrà essere sempre dibattuta. Per quanto riguarda il caso Pisapia e degli altri sindaci, tuttavia, bisogna notare che a norma dell’art. 95 della Legge 396/2000 la cancellazione di un atto trascritto è operabile solo per ordine dell’autorità giudiziaria, e non di quella amministrativa o del Governo.
Probabilmente è anche per questo che il sindaco e giurista Pisapia ritiene di poter essere tranquillo: ma la decisione nel merito, e cioè la questione dell’eventuale violazione dell’ordine pubblico internazionale dell’ordinamento italiano, resta tuttora controversa. Certo è che la Corte Costituzionale, in una storica sentenza del 2010 (la n. 138), ha dichiarato che pur non potendo considerarsi violazione di un diritto costituzionale l’assenza di una legge sul matrimonio paritario, non può certo considerarsi incostituzionale la stessa, e anzi, è un onere del legislatore legiferare in materia. Ebbene, se la Corte Costituzionale stessa non ha ritenuto contraria ad alcun principio primo un’eventuale introduzione del matrimonio gay in Italia, si può dedurre che non sussista una violazione dell’ordine pubblico internazionale nei casi di riconoscimento dei matrimoni contratti all’estero. Ma senza una sentenza o ancora meglio una riforma chiarificatrice si rischia che il caos, ancora una volta, permanga sovrano con tutte le conseguenze del caso.