Il mondo soccorre Bosnia e Serbia sommerse dalle alluvioni
di Alberto Bellotto (twitter: @albertobellotto)
La Bosnia-Erzegovina e la Serbia sono in ginocchio. I paesi balcanici sono stati colpiti dall’alluvione più devastante della loro storia. In poco meno di una settimana l’ex-Jugoslavia è stata sommersa da un mare d’acqua che ha causato una catastrofe umanitaria. Questo ha spinto molti paesi, limitrofi e non, ad inviare ingenti quantità di aiuti.
In soli 7 giorni è piovuta la quantità d’acqua che normalmente cade in tre mesi; la portata delle acque e del fiume Sava, come quella dei suoi affluenti, è cresciuta al punto da trasformarsi in uno tsunami.
Al momento è difficile stabilire il numero di vittime, le autorità hanno comunicato di aver recuperato 47 corpi dalle acque, ma il bilancio è destinato a salire. Secondo una stima del vice ministro alla sicurezza della Bosnia, Samir Agic, gli sfollati sarebbero oltre 500.000 con 35.000 persone prelevate direttamente con gli elicotteri. Meno complessa la situazione in Serbia con circa 25.000 sfollati e in Croazia con 15.000.
Il nord del paese è stato colpito anche da una serie impressionante di frane, tra Serbia, Bosnia e Croazia si stima che siano state circa 3 mila.
Le zone più colpite della Bosnia sono quelle del Cantone Posavina, delle regioni di Tuzla e Doboj con il capoluogo omonimo completamente sommerso. Anche la capitale, Sarajevo e le città di Bijeljina e Gorazde sono state provate dalla piena del fiume Miljacka. In Serbia la città più colpita è stata quella di Obrenovac a 30 km da Belgrado, che ora è preoccupata per l’aumento del livello del fiume Sava. In Croazia invece le regioni più colpite sono state quelle di Vukovar e della Slavonia.
Oltre ai danni ingenti alla popolazione l’alluvione ha causato anche altri pericolosi problemi. Le inondazioni e gli smottamenti avrebbero colpito anche i territori di Bosnia e Serbia ancora minati dopo il conflitto degli anni ’90. Uno degli ufficiali bosniaci del centro per lo sminamento, Sasa Obradovic, ha dichiarato che le ‹‹mine sono riemerse in aree nuove in cui non erano mai state››, Obradovic ha anche detto che il pericolo maggiore è che le mine raggiungano i corsi d’acqua come il Danubio con il rischio di finire nelle turbine delle centrali idroelettriche.
L’alluvione sta minacciando anche la centrale elettrica Nikola Tesla che si trova a 30 km da Belgrado e che rifornisce circa il 50% dell’elettricità dell’intero paese.
Mappa delle zone più colpite (in blu quelle bosniache, in giallo quelle croate e in rosso quelle serbe)
Tra Bosnia e Serbia il grido di aiuto è stato unanime. Il primo ministro serbo, Aleksandar Vucic, ha commentato ad Associate Press che la Serbia sta affrontando ‹‹la più grande catastrofe della sua storia››. A fargli eco sono arrivare le parole del ministro degli esteri bosniaco, Zlatko Lagumdzija, che ha dichiarato senza mezzi termini che la ‹‹situazione è terrificante e che la distruzione non è inferiore a quella causata dalla guerra››.
Il presidente della Serbia, Tomislav Nikolic ha fatto appello alla solidarietà chiedendo ‹‹un grande supporto perché non molti paesi hanno sopportato una catastrofe di tale portata››.
L’arrivo dei primi aiuti
La solidarietà però si è subito attivata. I paesi che hanno annunciato il loro supporto ai paesi balcanici sono diversi. I primi a lanciare raccolte fondi sono stati i vicini, Croazia e Montenegro che attraverso la Croce rossa hanno iniziato a raccogliere aiuti economici per riparare i danni. Anche la Macedonia si è attivata per inviare aiuti di prima necessità come cibo, medicinali acqua e prodotti di igiene. La Turchia, tramite la Mezzaluna Rossa e la Turkish Cooperation and Coordination Agency hanno provveduto ad inviare cibo e generi d’emergenza a Maglaj nella regione di Doboj. Nella città di Doboj, in cui è presente una nutrita comunità ebraica, arriveranno anche gli aiuti che Israele invierà con elicotteri. La Repubblica Ceca invece ha optato per degli aiuti economici e per l’invio di una serie di pompe per liberare dall’acqua le strutture allagate.
#TurkishRedCrescent workers have loaded trucks w relief items for #floods-affected people in #Bosnia. @Federation pic.twitter.com/JDVxxhKUFR
— Turkish Red Crescent (@RedCrescentTR) 19 Maggio 2014
Gli aiuti provenienti dalla Turchia
Anche le piccole repubbliche baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania hanno contribuito ad aiutare i paesi colpiti inviando un corpo di specialisti per aiutare a soccorrere le persone isolate.
L’aiuto è arrivato anche da lontano con i contributi di Belgio, Azerbaijan e Russia. Oltre ai singoli paesi si sono mosse anche le organizzazioni internazionali. Il programma di aiuto alimentare dell’Onu (Wfp) ha spedito nella giornata di ieri la seconda tranche di aiuti con rifornimenti idrici, gommoni e gruppi elettrogeni, anche grazie al governo norvegese. Il Wfp prevede anche di inviare altri aiuti alimentari per soddisfare le emergenze di 150 mila persone. Anche Save the Children ha dato fin da subito il suo contributo. Andrea Zeravcic, responsabile di Save the Children per Bosnia e Serbia, ha detto che gli sforzi dell’associazione si concentreranno per aiutare tutti i bambini e le famiglie che sono rimaste senza case e non hanno un tetto sotto il quale ripararsi.
Foto in alto: vista aerea delle zone alluvionate Fonte: twitter.com/BelgiumMFA