«Smetto quando voglio»: nessun lavoro e poche speranze per i giovani
di Chiara Gagliardi
Lavapiatti in nero in un ristorante cinese, benzinai comandati a bacchetta da un cingalese, giocatori improvvisati di poker per raggranellare qualche soldo sufficiente ad arrivare a fine mese: sono questi i giovani laureati rappresentati in Smetto quando voglio, opera prima di Sydney Sibilia. Il diritto al lavoro, in un’Italia sempre più in crisi, è ormai un miraggio lontano: dopo studi faticosi, ai ragazzi della penisola non resta che arrangiarsi come meglio si può, nel disperato tentativo di mettere a frutto le proprie competenze e di usarle per sopravvivere. «A mali estremi, estremi rimedi», sembra essere la morale del film, che mostra come la creatività possa essere stimolata dalla necessità: tuttavia, non sempre questo flusso produttivo si incanala per vie legali.
Ci troviamo a Roma, nel pieno della capitale che da sempre è il fulcro storico e artistico della penisola. Ben gramo è il destino dei giovani laureati alla prestigiosa Sapienza: Mattia e Giorgio (Valerio Aprea e Lorenzo Lavia), due brillanti latinisti, lavorano come benzinai notturni; Bartolomeo (Libero De Rienzo), con una laurea in Economia, cerca di guadagnare qualcosa imbrogliando (e regolarmente perdendo) a poker in un campo rom. Arturo (Paolo Calabresi), archeologo, arriva a malapena alla fine del mese sballottato fra un cantiere e l’altro, mentre Andrea (Pietro Sermonti) non riuscirà mai a sfruttare le sue competenze di antropologo nel lavoro di manovale che cerca di ottenere. Ci sono poi i due biologi, Alberto (Stefano Fresi), di professione lavapiatti con il sogno di essere promosso cameriere, e Pietro (Edoardo Leo), che ha un precario contratto da ricercatore presso la Sapienza. Una latente depressione regna in un mondo in cui i giovani non hanno alcun diritto, dove una laurea è solo un pezzo di carta come un altro, ed anzi un impedimento al raggiungimento di un impiego, perchè limita le esperienze del candidato, spingendolo ad entrare sullo scarno mercato del lavoro con molto ritardo.
Ed è proprio quando a Pietro non viene rinnovato il contratto che la sua inventiva si scatena: la soluzione è entrare nello spaccio di stupefacenti, sfruttando un vuoto normativo. Le cosiddette «droghe legali», sostanze create ad hoc e non ancora regolamentate, possono sfruttare una finestra di tempo nella quale è possibile smerciarle, più o meno senza conseguenze per la legge. Pietro e i suoi amici entrano così in un remunerativo giro di affari, che li porta ad avere in pochissimo tempo più soldi di quanti ne abbiano mai visti in tutta la vita, accompagnati dalla convinzione sempre più labile che «tanto, si smette quando si vuole». Più amaro che mai è il finale, quando i giovani, completamente disillusi, tornano ai propri impieghi precari e poco soddisfacenti, dopo aver capito a loro spese che nell’Italia di oggi non c’è alcuna possibilità di mettere a frutto le proprie competenze.
Buona la prima prova da regista di Sydney Sibilia: il salernitano può contare su un cast già collaudato e conosciuto nell’ambito del pubblico italiano. Degna di nota Valeria Solarino nella parte della fidanzata di Pietro; particolarmente azzeccato è Neri Marcorè nella figura de «Er Murena», spacciatore che arriverà a mettere i bastoni fra le ruote ai ragazzi. Ogni giovane o universitario in sala avrà di certo sperato che la visione di Sibilia sia troppo pessimistica: certamente, essa non lascia intravedere alcuno spiraglio di una vita migliore. Alla fine del proprio percorso di studi, bisogna arrabattarsi a svolgere qualsiasi professione capiti, ma questa lunga gavetta è destinata a non avere fine. L’ironia dei personaggi e le sfumature buffe di alcune scene leniscono la drammatica morale: il film nasce pur sempre come commedia all’italiana. Tuttavia, lo sfondo tragicomico è troppo pronunciato per non notarlo. Di certo, l’argomento della pellicola è interessante e il soggetto originale, anche se Sibilia lascia alcuni tratti dei personaggi poco approfonditi: forse si poteva mettere un protagonista in meno e lavorare maggiormente sulla caratterizzazione degli altri.
La risposta al grande punto interrogativo degli studenti italiani non viene data in questo film, probabilmente perchè non è così semplice trovarla: e adesso, cosa faccio? Nella società italiana, spicca chi ha inventiva e creatività: purtroppo, in un modo o nell’altro.