Cancro, nuovi farmaci senza rimborso. Balduzzi: «non è discriminazione»
di Maria Pozzato
Due nuovi farmaci per la cura del cancro sono stati messi in vendita in Italia a pagamento. Si tratta dei medicinali Pertuzumab (Roche) e Afibercept (Sanofi-Aventis), autorizzati dall’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e successivamente disponibili in farmacia a totale carico del malato e senza la possibilità di rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn).
La messa in vendita del farmaco è avvenuta nel rispetto della legge, secondo quanto stabilito dal decreto Balduzzi approvato a maggio 2013, che prevede appunto l’immissione automatica in commercio nella fascia C (quindi a pagamento) dei nuovi farmaci già approvati dalla UE “nelle more”, ovvero in attesa dell’accordo tra Aifa e aziende farmaceutiche riguardo al prezzo da stabilire per il rimborso a carico del Ssn.
La vendita di un medicinale richiede tempi estremamente lunghi. I farmaci giungono in Italia anche a due anni di distanza dall’approvazione europea. A questo punto l’Aifa provvede ad esaminare i dossier già approvati in sede europea e in seguito autorizza il farmaco anche nel nostro paese. Passano ulteriori mesi prima che siano definiti il prezzo e la modalità di accesso al mercato.
Con il decreto Balduzzi si è cercato di accorciare i tempi tra la registrazione europea e il lancio in commercio in Italia di farmaci innovativi. Secondo un’inchiesta condotta da L’Espresso in merito alle due nuove cure a pagamento, accanto agli effetti positivi, vi è una condizione di discriminazione, che privilegia i cittadini ricchi in grado di coprire le ingenti spese di cura a discapito di coloro che non sono in possesso di una notevole disponibilità economica.
Per usufruire della cura, infatti, bisognerà pagare 6.000 euro per le prime due somministrazioni del farmaco Roche e 3.000 euro ogni 21 giorni; il farmaco Sanofi Aventis costerà invece 4.000 euro ogni tre settimane.
Analoghi sono i casi di altri farmaci innovativi inseriti nella fascia C: un farmaco anti Aids (il darunavir), due antidiabetici (il lixisenatide e l’insulina degludec), un nuovo vaccino contro il meningococco B, un farmaco per il trattamento dell’iperfosfatemia nei pazienti con malattia renale cronica (il colestilan) e un nuovo prodotto per combattere la dipendenza da alcol (il nalmefene).
Salvo smentite grazie al trasferimento in fascia A di questi prodotti, con la norma Balduzzi si corre il rischio che in Italia farmaci innovativi, inclusi i “salvavita”, diventino un privilegio ristretto ad un’esigua parte della popolazione.
A difendersi dalle accuse contro il decreto è proprio lo stesso Renato Balduzzi, in un’intervista pubblicata su quotidianosanità.it.
Secondo l’ex ministro della salute: “Affermare che la norma crea una discriminazione tra chi si può permettere un farmaco e chi no, significa guardare solo in superficie il nuovo contesto normativo. Perché la discriminazione, se vogliamo, c’è anche adesso: se un farmaco è autorizzato in Europa, chi può se lo va a comprare direttamente nello Stato dove è già disponibile sul mercato”.
La norma – come spiega precisamente l’ex ministro – ha permesso che farmaci per i quali era già stato completato l’iter di autorizzazione europea potessero essere presentati fin da subito sul mercato. Il decreto serve dunque ad accorciare i tempi, non a discriminare fasce di popolazione.
Inoltre, la norma evita che i cittadini italiani si rivolgano all’estero per comprare un farmaco già autorizzato in Europa e offre all’Aifa una maggiore serenità sulle trattative per il rimborso, perché, come dice Balduzzi: “l’Agenzia è consapevole che i tempi richiesti dalla procedura di classificazione del medicinale, con connessa negoziazione del relativo prezzo, non le possono essere più imputati come un illegittimo rinvio dell’inizio di efficacia dell’autorizzazione all’immissione in commercio, già ottenuta dall’azienda”.
Balduzzi sottolinea che nel decreto vi è una clausola che prevede la possibilità per determinati farmaci, tra cui quelli salvavita, di ottenere la classificazione nella fascia A e quindi di poter essere erogabili a carico del Ssn anche prima dell’autorizzazione di immissione in commercio. È compito dell’azienda farmaceutica preoccuparsi per il farmaco e il suo inserimento in fascia A. Evidentemente capita che le aziende farmaceutiche seguano il decreto in modo poco corretto, approfittando del periodo di tempo in cui il farmaco è a pagamento per un guadagno personale.
Dunque, invece di accusare il decreto di discriminazione, è importante stare attenti ai possibili abusi da parte di aziende farmaceutiche, in modo da poter ricorrere a provvedimenti correttivi.